LONGARONE - Un disastro che si poteva evitare. Il Vajont a 50 anni di distanza continua a fare male e far discutere. A ribadire la colpevolezza di una diga costruita in un luogo sbagliato ci hanno pensato ieri i geologi, riuniti in congresso nazionale proprio a Longarone (Belluno). Sul tappeto anche le nuove rivelazioni fatte dalla figlia del notaio Isidoro Chiarelli che hanno aggiunto un pezzo di storia inedita, quanto choccante, alla tragedia: la frana sarebbe stata pilotata, scegliendo giorno e ora. Versione ritenuta verosimile dai geologi e sulla quale anche la Procura di Belluno vuole vederci chiaro.
«Vogliamo verificare la veridicità delle affermazioni, controllando i documenti depositati negli archivi di stato per arrivare ad una verità storica - spiega il procuratore Francesco Saverio Pavone -. Ma certo non si potrà riaprire un processo».
Nell'occasione è stato presentato il libro "9 ottobre 1963: che Iddio ce la mandi buona", opera di inchiesta condotta dai geologi Alvaro Valdinucci e Riccardo Massimiliano Menotti. Il dossier racchiude in un centinaio di pagine testimonianze e documenti. E fin dal sottotitolo ("Memoria storica di una catastrofe prevedibile") rivela l'impostazione e il taglio dato dai due autori, geologi di professione.
Proprio i geologi, da Longarone, hanno lanciato un messaggio forte e chiaro, sottolineando i paralleli tra il Vajont e altri disastri italiani e accusando lo scarso ascolto dato alla categoria. «Questo libro è un atto d'accusa - ha detto Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi - che deve portare a riflettere sui tanti errori nella gestione del territorio commessi in passato, ma che si continuano a portare avanti. Purtroppo continua ad esserci un certo ostracismo nei confronti dei temi da noi esposti. Insistiamo perché ci siano norme che tengano conto dell'interazione tra le indagini geologiche e le opere realizzate dall'uomo».
Ultimo aggiornamento: 8 Ottobre, 13:26
© RIPRODUZIONE RISERVATA «Vogliamo verificare la veridicità delle affermazioni, controllando i documenti depositati negli archivi di stato per arrivare ad una verità storica - spiega il procuratore Francesco Saverio Pavone -. Ma certo non si potrà riaprire un processo».
Nell'occasione è stato presentato il libro "9 ottobre 1963: che Iddio ce la mandi buona", opera di inchiesta condotta dai geologi Alvaro Valdinucci e Riccardo Massimiliano Menotti. Il dossier racchiude in un centinaio di pagine testimonianze e documenti. E fin dal sottotitolo ("Memoria storica di una catastrofe prevedibile") rivela l'impostazione e il taglio dato dai due autori, geologi di professione.
Proprio i geologi, da Longarone, hanno lanciato un messaggio forte e chiaro, sottolineando i paralleli tra il Vajont e altri disastri italiani e accusando lo scarso ascolto dato alla categoria. «Questo libro è un atto d'accusa - ha detto Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi - che deve portare a riflettere sui tanti errori nella gestione del territorio commessi in passato, ma che si continuano a portare avanti. Purtroppo continua ad esserci un certo ostracismo nei confronti dei temi da noi esposti. Insistiamo perché ci siano norme che tengano conto dell'interazione tra le indagini geologiche e le opere realizzate dall'uomo».