Vittorio Emanuele Parsi, professore e politogo, 62 anni, ha accusato un malore mentre parlava sul palco a Cortina il 27 dicembre scorso.
Le due telefonate
«Sono stato portato a Belluno in ambulanza, e lì ho avuto la fortuna di trovare il primario di Cardiologia, Alessandro de Leo che ha subito capito che la mia era una dissezione dell'aorta. Mi ha detto due cose, che ricorderò sempre. La prima: dobbiamo farle un'operazione salvavita. La seconda: può andare male. Ho potuto fare due telefonate. Ho chiamato mia figlia maggiore e Tiziana, con cui sto da due anni, cercando di rassicurarla, mentre lei cercava di rassicurare me. Mi hanno portato con l'elicottero a Treviso».
Il coma
«Ricordo tutto il periodo in coma - racconta -. Un fiume melmoso, nero, che stava sotto i miei piedi, come Ulisse e Achille. Penso fosse l'Ade. Il fiume in cui stanno le anime morte. Non ho visto nessuna luce, nessuna speranza che non fosse quella di lottare per vivere. Forse quando si muore la sensazione è quella di un abbraccio. La morte la viviamo come spaventosa, io non ne ho mai avuto grande simpatia, non nutro aspettative su quello che verrà dopo. Però la cosa che mi ha sorpreso è che non provavo paura. Ricordo di avere visto le radici degli alberi da sotto, come fossi in un crepaccio. E di tanto in tanto, voci lontane. A un certo punto mi sono chiesto se fossi morto. Ho pensato: non ce la faccio, forse basta lasciarsi andare e tutto passerà. La morte non potrà essere tanto peggio».
L'amore per Tiziana
Il pensiero è andato a Tiziana e alle sue figlie. «Ho visto il suo volto, volevo rivederlo. Ho parlato con mia madre e con mio padre, che non ci sono più: "Datemi una mano voi, non è il momento di raggiungervi". Ho aperto gli occhi. E ho visto Tiziana che era lì con me».