Tiziana Panella e Vittorio Emanuele Parsi: dall'amore nato in tv al coma a dicembre. «La notte controllo che respiri bene»

La giornalista di La7 racconta i giorni difficili quando il noto politologo ha avuto un malore che l’ha costretto a un intervento chirurgico delicato e a giorni di coma

Domenica 17 Marzo 2024
Tiziana Panella e Vittorio Emanuele Parsi: dall'amore nato in tv al coma a dicembre. «La notte controllo che respiri bene»

«Mi porto dietro la paura devastante di quei giorni». Tiziana Panella, conduttrice di Tagadà, programma in onda tutti i giorni su La7, ha ricordato gli attimi di terrore vissuti quando il compagno, Vittorio Emanuele Parsi, è finito in coma lo scorso dicembre a seguito di un malore.

Il politologo dopo giorni in terapia intensiva, è riuscito a sopravvivere alla delicata operazione a cui si è sottoposto per la dissezione dell'aorta. In una intervista al Corriere la giornalista ha ricordato i difficili giorni in cui il suo compagno era in coma. «Ho tirato un sospiro di sollievo quando mi ha stretto la mano e ho capito che mi sentiva. Ma ho respirato davvero solo quando lui è uscito dalla terapia intensiva». Il professore adesso sta meglio, vivo per miracolo. Era il 27 dicembre quando la trafila è cominciata.

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«Io e Vittorio saremmo dovuti partire il giorno dopo, andare al caldo per le vacanze. Lui era a Cortina per la presentazione del suo libro. E mi ha chiamato che stava male. Poi il 28 mattina la notizia del trasporto in elisoccorso verso Treviso per l’operazione. Sono corsa e quando sono arrivata da Roma, era in sala operatoria». Così la giornalista e conduttrice tv ha ricordato quei momenti di paura, difficili da dimenticare. Si è trovata a trascorrere giorno e notte in terapia intensiva, accanto al compagno: insieme a lei c'era l'ex moglie e le figlie di lui. «Prima non avevo rapporti con loro, ma la conoscenza e l’amore per lui ci hanno fatto diventare una famiglia unita. Ciascuno con il suo dolore». ha rivelato. «Gli scrivevo tutte le sere, un breve diario della giornata, via WhatsApp. Mi porto ancora dietro la paura devastante, la notte controllo che respiri bene».

L'incontro con Parsi

Con Parsi si sono conosciuti in televisione: «Galeotta è stata la guerra in Ucraina, due anni fa. Lui è stato molto spesso mio ospite e abbiamo cominciato a sentirci... poi lentamente, pendolari dell’amore: lui a Milano, io a Roma. Lui mi ha regalato la capacità di essere felice. Ora la notte controllo che respiri bene».  Giornalista di La7, nel suo passato c’è la passione per la danza, alla quale ha poi dovuto rinunciare per questioni fisiche: «Sono troppo alta. Ho una struttura fisica mediterranea che non ha mai aiutato. Ma essendo testarda, amavo a tal punto la danza classica che ho lavorato sul mio corpo per costringerlo ad essere compatibile. La danza è rigore in tutto: orari, abbigliamento, capelli. Se non eri perfetta ti sbattevano fuori. Era il posto dove stavo meglio e mi piaceva chiedere al mio corpo un sacrificio. Un obiettivo verso la perfezione. Un’autodisciplina che ho dovuto interrompere a 21 anni perché avevo sottoposto il mio corpo a uno stress incredibile. Ho dovuto scegliere e fermarmi».

I giorni più brutti

La dolorosa esperienza della malattia del suo compagno è iniziata il 27 dicembre scorso. Vittorio Emanuele Parsi, professore e politogo, 62 anni, ha accusato un malore mentre parlava sul palco a Cortina. Operato al cuore, è finito in terapia intensiva. A metà gennaio ha fatto sapere lui stesso che stava meglio. Successivamente ha proseguito nella riabilitazione. E riepilogando le fasi del suo malore, ha dichiarato di ritenersi un sopravvissuto e di essere vivo «grazie al volto di Tiziana». «Ho sentito tre colpi sul diaframma, come fossi in apnea. Da sommozzatore sai che quando li senti devi riemergere, è l’ultimo avvertimento. Ho capito che c’era qualcosa di grave. Finita la conferenza, ho chiesto che si chiamasse un medico. È arrivata l’ambulanza». «Ricordo tutto il periodo in coma - ha raccontato Parsi -. Un fiume melmoso, nero, che stava sotto i miei piedi, come Ulisse e Achille. Penso fosse l'Ade. Il fiume in cui stanno le anime morte. Non ho visto nessuna luce, nessuna speranza che non fosse quella di lottare per vivere. Forse quando si muore la sensazione è quella di un abbraccio. La morte la viviamo come spaventosa, io non ne ho mai avuto grande simpatia, non nutro aspettative su quello che verrà dopo. Però la cosa che mi ha sorpreso è che non provavo paura. Il pensiero è andato a Tiziana e alle sue figlie.  «Ho visto il suo volto, volevo rivederlo.  Ho parlato con mia madre e con mio padre, che non ci sono più: "Datemi una mano voi, non è il momento di raggiungervi". Ho aperto gli occhi. E ho visto Tiziana che era lì con me».

Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 21:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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