Quattro anni con il Covid: un padovano su due è stato contagiato

Mercoledì 21 Febbraio 2024 di Gabriele Pipia
Il reparto di terapia intensiva di Schiavonia

PADOVA - Il nemico sconosciuto chiamato “Coronavirus”, ancor prima che diventasse per tutti “Covid”. Il lockdown totale, quello che vietava perfino la passeggiata sotto casa.

La conta giornaliera dei ricoveri e dei decessi. La sfilza dei dpcm che cambiavano continuamente le regole in base alla situazione dell’emergenza. Sono passati quattro anni, sembra passata un’epoca. Oggi ricorre il quarto anniversario veneto dall’inizio della pandemia e nel Padovano la data è indelebile perché proprio all’ospedale di Schiavonia quella maledetta sera di venerdì 21 febbraio 2020 morì Adriano Trevisan di Vo’, la prima vittima in Europa. Sempre qui quella stessa notte venne per la prima volta chiuso completamente l’accesso ad un ospedale. La fine della normalità e l’inizio del tunnel. 


I NUMERI
Sono passati 1.461 giorni e per scattare una fotografia bisogna partire dai numeri dell’emergenza. Dall’inizio della pandemia in provincia di Padova le positività registrate ufficialmente sono state 556.985 e le persone residenti nel Padovano colpite almeno una volta dal virus sono state 479.987. Considerato che la popolazione in provincia di Padova è leggermente sotto al milione, significa che un padovano su due ha contratto il Covid e il calcolo è sicuramente al ribasso visto che non tutti si sono fatti i tamponi. 
I decessi sono arrivati a quota 2.905. La situazione peggiore dal punto di vista dei contagi è stata nella settimana tra il 16 e il 22 gennaio 2022: l’incidenza era di 2.667 casi ogni 100mila abitanti mentre oggi il tasso è di 8 casi ogni 100mila abitanti.
Sono stati eseguiti 8,5 milioni di tamponi e sono stati erogati 2,3 milioni di dosi di vaccini. Numeri che portano Padova tra le province in Italia che hanno somministrato più fiale. 


L’IMPEGNO
Ha vissuto ogni fase della pandemia in prima linea il dottor Luca Sbrogiò, direttore del Dipartimento di Prevenzione prima all’Ulss Serenissima di Venezia e poi all’Ulss Euganea. «È stato fatto un enorme sforzo da parte di tutto il personale sanitario, sociosanitario e del volontario, ma questo sforzo è stato sostenuto in modo determinante anche dai cittadini - riflette Sbrogiò -. Abbiamo assistito a grandissimi esempi di coesione professionale e di solidarietà civile. Quel clima di fiducia non può essere perduto, nessuna società può progredire se ognuno va per conto proprio». 


IL PRESENTE
Attualmente negli ospedali dell’Ulss si contano una ventina di ricoverati per polmonite da Covid e due persone in terapia intensiva. Lo scorso ottobre i decessi sono stati 17, a novembre 43, a dicembre 45 e a gennaio 21. Se prendiamo in esame le vittime degli ultimi mesi notiamo che uno su due ha più di 85 anni e che l’85% è over 75. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone fragili non vaccinate o comunque senza dose di richiamo. Il dato però parla chiaro: il Covid morde ancora e può essere letale.


IL FUTURO
Ricordato il passato e analizzato il presente, ecco la visione proiettata al futuro. «Sotto la direzione della Regione stiamo lavorando sul nuovo piano pandemico - spiega il dottor Sbrogiò -. Siamo in costante contatto con Azienda ospedaliera e Iov in modo che la macchina sia sempre con il motore acceso pronta ad affrontare qualunque tipo di emergenza. L’ultima pandemia ci ha ricordato quanto sia importante farsi trovare pronti». 


LA CELEBRAZIONE
Ieri intanto l’Ulss ha celebrato la giornata istituita dal Ministero della Salute «per onorare il lavoro, l’impegno, la professionalità e il sacrificio» del personale sanitario, socio-sanitario, socio-assistenziale e del volontariato nel corso della pandemia. 
«L’esperienza del Covid – sottolinea la dottoressa Antonia Demarchi, direttrice delle Professioni sanitarie - ha messo in evidenza le fragilità del nostro sistema salute ma ha determinato anche la possibilità di rileggere criticamente i sistemi organizzativi all’interno dei quali tutti i giorni i professionisti operano».
Lo slogan scelto, “Insieme per un mondo di salute”, «ben rappresenta il ruolo delle professioni che ogni giorno lavorano, spesso in condizioni difficili, per garantire la salute di tutti». L’ulss evidenzia la «visione olistica basata sull’integrazione di discipline diverse, un approccio antico e al contempo innovativo in cui le collaborazioni interdisciplinari e le interazioni tra i professionisti possono rappresentare un nuovo schema di gestione per rendere efficace e sostenibile il sistema socio-sanitario».

Ultimo aggiornamento: 17:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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