Kristin Harila, una famosa scalatrice norvegese, è accusata di non avere prestato soccorso a un portatore morente: il 27 luglio lo ha superato con i suoi compagni di scalata per arrivare in fretta agli 8.609 metri del K2, la seconda montagna più alta del mondo dopo l'Everest.
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FOLLA TRA I GHIACCI
Della morte di Hassan nessuno saprebbe niente se sul K2 quel giorno non ci fossero state altre spedizioni in coda per salire. Philip Flämig, un austriaco che scalava con l'amico Wilhelm Steindl, ha filmato con un drone la scia di alpinisti che passava sopra le gambe di Hassan, disteso nella neve su uno stretto passaggio a strapiombo. Una sola persona lo stava assistendo, tutti gli altri si affrettavano verso la cima per raggiungere la quale avevano speso molto tempo, energie e denaro. «È stata una vergogna ha detto Flämig al giornale Der Standard . Cose del genere sono impensabili nelle Alpi. Se l'uomo fosse stato occidentale sarebbe stato salvato immediatamente, mentre gli sherpa sono considerati esseri umani di seconda classe. Non c'è stata alcuna operazione di salvataggio organizzata, anche se c'erano sherpa e guide alpine sul posto che avrebbero potuto agire». «Un essere umano lasciato morire per stabilire un record ha aggiunto Steindl . Sarebbero bastate tre o quattro persone per portarlo in salvo». L'alpinista ha aggiunto che dopo l'impresa è stata organizzata una festa per celebrare la scalatrice: «Non sono andato, ero disgustato. Qualcuno era appena morto lassù».
Kristin Harila ha postato su Instagram le immagini della conquista del 14° Ottomila in 92 giorni, ma ha ricevuto davvero pochi applausi e faccine sorridenti. Erano più numerosi i «vergognati» e le domande su dove fosse finita la sua umanità. Si è difesa in qualche intervista, dicendo che si era fatto il possibile per salvare Hassan, ma che le condizioni sul K2 erano troppo pericolose per spostarlo. «È caduto ha detto su quella che è la parte più difficile della montagna. Il mio cameraman è rimasto un'ora con lui per prendersene cura. In nessun momento è stato lasciato solo. Non era equipaggiato adeguatamente per affrontare un Ottomila». Ha poi aggiunto di essere vicina alla famiglia, che dobbiamo tutti imparare da questa tragedia, e le altre cose che si dicono quando ci si sente in colpa.