La figlia di Lino Lacedelli, l'eroe del K2: «Farò un museo per mio padre e la montagna»

Domenica 23 Luglio 2023
Cristina Lacedelli

CORTINA D'AMPEZZO - Cristina Lacedelli sparisce pochi istanti dal soggiorno e ritorna con due grandi sacche rosse. In silenzio apre la prima, l'unico rumore è il fruscio della cerniera che scorre sul tessuto. E quando la sacca si apre, appare qualcosa di voluminoso. Poche manovre e il "qualcosa" prende forma, appare una tuta imbottita verde. È la tuta che Lino Lacedelli, padre di Cristina, indossava il 31 luglio 1954 sulla cima del K2, la seconda montagna della Terra, toccata assieme ad Achille Compagnoni. L'indumento porta i segni del tempo, settant'anni sono tanti, tuttavia è conservato molto bene. Dalle sacche rosse emergono altri oggetti, tutti appartenuti al grande alpinista ampezzano e risalenti all'epopea del K2: c'è la piccozza con il nome del "proprietario" marchiato sul becco posteriore; ci sono i ramponi, marca "Grivel Courmayeur": sull'acciaio è impresso il numero di brevetto, sulle cinghie si legge "Lino Lacedelli"; ci sono gli occhiali da ghiacciaio, il cappello in stile coloniale, le borse utilizzate durante il viaggio verso il Pakistan. Veri e propri cimeli che farebbero bellissima figura in un museo. Già, un museo
Lino Lacedelli, rocciatore straordinario come uomo riservato e modesto, Guida alpina e membro del Gruppo Scoiattoli, per lungo tempo ha coltivato un sogno: un museo della montagna nella "sua" Cortina dove poter esporre i ricordi preziosi del K2 assieme a tutto ciò oggetti, foto e quant'altro - che possa raccontare la storia e il rapporto degli ampezzani con la montagna e l'alpinismo.

Il sogno, nonostante Lino e i suoi famigliari abbiano bussato a più di qualche porta, per ora rimane tale. Lino Lacedelli è mancato pochi giorni prima di compiere 84 anni, il 20 novembre 2009; Elda, moglie e compagna di tutta la vita, lo ha seguito il primo aprile 2014. Ora tocca a Cristina, terza di quattro fratelli (gli altri sono Marco, Alberta ed Emanuela), cercare di tradurre in realtà il desiderio del padre.


Cristina, come e quando è maturata l'idea di un museo della montagna?
«Mio padre ne parlava già trent'anni fa. Lui sognava un museo non tanto per sé quanto per rendere omaggio ai personaggi che si sono distinti in Ampezzo. Qui ce ne sono tanti e non parliamo solo di alpinisti, penso per esempio a Eugenio Monti, grandissimo campione di bob. Lino pensava a una struttura pubblica dove conservare i molti oggetti che le famiglie hanno in casa e che nel tempo rischiano di andare perduti. Noi teniamo con grande cura i ricordi di mio padre ma agli occhi di tutti sono nascosti».


Quindi quando si parla di montagna non ci si riferisce soltanto alla roccia.
«Esatto, Lino intendeva tutto ciò che possiamo associare al termine montagna: lo sci, il fondo, il bob, certamente l'alpinismo, insomma le discipline che hanno visto gli ampezzani eccellere e che hanno dato molto al nostro ambiente e a Cortina. Mio padre sognava questo».


Lino avrà bussato a qualche porta...
«Sì, ha bussato e ha chiesto, inutilmente. Tra l'altro a Cortina c'è un'altra persona che ha tantissimi oggetti, un'incredibile quantità di foto, immagini splendide e uniche, storiche. Parlo di Carlo Gandini (ex bobbista, alpinista e membro del Gruppo Scoiattoli, scrittore, Guida alpina "ad honorem", oggi 84enne; ndr), lui possiede un archivio veramente immenso. Poco tempo fa ci ha detto: "Ho tutto qui, negli armadi, mi piacerebbe che queste cose fossero a disposizione del pubblico". Questo per dire che c'è molto materiale che potrebbe essere valorizzato in un museo. Potrebbero essere esposti anche i costumi all'ampezzana con gli accessori, i vecchi carri, "ra liosa" cioè


Davanti alle difficoltà suo padre si è arreso o ha bussato ad altre porte?
«Mio papà, parlando anche con i componenti del Gruppo Scoiattoli e con le Guide, ogni tanto "la buttava là", ci provava. È andato anche in Comune, ci sono andata anch'io con le amministrazioni precedenti. Ho parlato con Andrea Franceschi, quand'era sindaco, era stato gentilissimo e mi aveva promesso che avrebbe tenuto in considerazione l'idea. Quando è mancato mio padre Franceschi è salito da noi e mia madre gli ha ribadito il concetto: "Lino aveva un desiderio - gli ha detto - il museo della montagna". E lui aveva assicurato il proprio impegno. Poi è successo quello che è successo e non se n'è fatto nulla. È seguita l'amministrazione di Gianpietro Ghedina ma non si è risolto nulla nemmeno con loro».


Secondo lei cosa frena questo progetto, problemi economici, la mancanza di un luogo adatto o che altro?
«Non lo sappiamo. Negli anni siamo andati tre volte in Comune, l'ultima poco tempo fa ma non è cambiato niente. Tra l'altro l'anno prossimo cadrà il 70° anniversario del K2 e vorremmo celebrarlo come merita, per questo abbiamo chiesto il sostegno alla nuova amministrazione di Gianluca Lorenzi. In Comune si sono resi disponibilissimi e ci hanno offerto il patrocinio, fine. Per il resto dovremmo arrangiarci noi. Ma non posso organizzare io qualcosa che coinvolge anche mio padre, non è corretto e non sono nemmeno in grado di farlo. Poi è saltato fuori il problema del luogo, non ci sarebbe un posto adatto però l'amministrazione ha acquisito delle strutture, come l'ex panificio comunale, che potrebbero ospitare un evento del genere. Fino ad ora, silenzio. Abbiamo saputo che si sta muovendo anche il Gruppo Scoiattoli ma nessuno ci ha contattato. Siamo molto demoralizzati. Non dimentichiamo che Lino Lacedelli era cittadino di Cortina e ha contribuito al prestigio di Cortina in Italia e nel mondo. E ha sempre detto che nella sua vita le cose più importanti erano la sua famiglia e le sue crode».

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