I vescovi italiani hanno presentato il secondo rapporto della vergogna.
Contrariamente a quanto hanno finora fatto le conferenze episcopali europee che hanno effettuato un ampio studio che comprende anche gli archivi segreti diocesani per analizzare il fenomeno della pedofilia in un arco temporale di 50-70 anni, i vescovi italiani finora, negli unici due rapporti pubblicati, si sono concentrati solo sulle denunce arrivate alle commissioni diocesane per la tutela dei minori, un organismo che fino a qualche anno fa non esisteva. Gli archivi restano al momento inaccessibili.
Analizzando i casi segnalati per tipologia di abuso, si nota la prevalenza di «comportamenti e linguaggi inappropriati (offese, ricatti affettivi e psicologici, molestie verbali, manipolazioni psicologiche, comportamenti seduttivi, dipendenze affettive)», pari a 20 casi in totale su 74.
TIPOLOGIA
L’età delle presunte vittime all’epoca dei fatti si concentra nella fascia 15-18 anni (25 su 54). Il secondo gruppo rappresentato tra le vittime è quello composto da chi ha più di 18 anni (19 su 54). Il focus sul genere delle presunte vittime rivela una netta prevalenza di femmine (44) rispetto ai maschi (10). Mentre il numero di presunti autori dell’abuso è risultato nel 2022 pari a 32, quasi tutti preti di età compresa tra i 40 e i 60 anni. I laici rappresentano il 37% educatore (5 casi), catechista (1 caso), fondatore di associazione ecclesiale, insegnante di religione, seminarista. Per lo più celibi ma anche 2 sposati. La rilevazione dello studio è stata curata da Paolo Rizzi e Barbara Barabaschi , entrambi dell'Università Cattolica di Piacenza.
CONTESTAZIONE
I risultati della Cei sono stati subito contestati dal Rete L'Abuso, l'unica associazione di vittime che esiste in Italia. A loro parere si tratta di uno studio che mette in evidenza i passi fatti dai vescovi per uniformarsi alle regole stabilite dalla Santa Sede in cui non vengono forniti particolari circostanziati né sui fatti, né sui luoghi. «Di conseguenza è inverificabile».
LA PRECISAZIONE
«È difficile che un uno di noi oggi insabbi» ha rassicurato il presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi parlando della piaga della pedofilia. «È quasi più pericolosa una valutazione non oggettiva. Il rischio è che anche solo per prudenza vengano avviati procedimenti giuridici anche solo per verificare i fatti»