«L'Italia è una bomba microbiologica a orologeria». Per Walter Ricciardi, presidente della World Federation of Public Health Association (Wfpha), i rischi che si paventano con la diffusione del coronavirus sono «piccole avvisaglie». Il vero problema è che «purtroppo, la mancanza di conoscenze scientifiche e di fiducia nei confronti della scienza e quindi dei vaccini sta determinando una grande vulnerabilità e il nostro Paese in questo contesto è uno dei più deboli».
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Ma intanto fa ben sperare che Anthony Fauci, direttore del National Institute of allergy and infectious diseases e Catharine Paules, professore di malattie infettive presso la Penn State University sostengano che un vaccino per coronavirus 2019nCoV potrebbe essere pronto entro tre mesi. Come è stato possibile?
«Per preparare un vaccino servono molti anni. Ma, in questo caso, gli scienziati ci stanno lavorando dal 2003. Grazie agli studi sulla Sars, un altro coronavirus, ora hanno bisogno di meno tempo, devono solo adattare le loro ricerche alle caratteristiche specifiche di questo nuovo virus. Accelerando tutti quanti i processi, possono raggiungere un risultato concreto».
Come si arriva a produrre un vaccino?
«Occorre studiare il virus. Dopodiché o lo si inattiva e quindi il virus viene ucciso, oppure lo si attenua, si toglie cioè la sua capacità patogena. Occorrono poi test clinici in vitro o in vivo su animale e poi su uomo; gli studi poi vanno valutati, infine c'è la parte regolatoria».
Ritiene che siamo ormai sempre più vulnerabili?
«Tutte le malattie infettive dovrebbero essere possibilmente contrastate con i vaccini, perché in questo modo si evita l'insorgenza di patologie.