Michelangelo Agrusti: «Con la "cultura tecnologica" le aziende reggono meglio»

Lunedì 20 Novembre 2023 di Loris Del Frate
Michelangelo Agrusti

Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico, non ha dubbi: il sistema imprese in regione, pur in sofferenza, regge meglio che da altre parti.

Grazie a una "cura tecnologica" fatta negli anni e a una vocazione all'export. In Confindustria da una decina di anni, Agrusti prima è stato presidente di Unindustria Pordenone, dopo la fusione con Trieste e Gorizia ora guida l'Alto Adriatico del Friuli Venezia Giulia.


Presidente che aria tira?
«Pur non essendo nel massimo dello spolvero l'economia della regione tiene botta, seppur in un contesto complicato se si considera che siamo legati a una economia orientata all'export e che il nostro riferimento è la Germania, oggi in recessione. Nonostante questo la situazione è meno preoccupante di quella che si sarebbe potuto immaginare solo qualche mese fa».


Le situazioni negative che destano maggiore preoccupazione?
«Intanto il perdurare di una situazione complessa a livello internazionale con la guerra in Ucraina e la crisi del Medio Oriente che possono mettere in discussione elementi esterni tali da incidere sulla competitività del sistema, come l'energia. Sono elementi che possono modificare velocemente segno e orientamento».


Lei ha detto che la nostra economia tiene meglio di altre. Cosa abbiamo in più?
«Partirei dal comparto delle costruzioni ancora pervaso dal perdurare di stimoli finanziari importanti come la coda del 110 per cento. Un settore che con le sue ramificazioni mantiene in salute anche tutto il comparto legato alla casa. Tuttavia ci sono dei campanelli d'allarme che riguardano ad esempio la sub fornitura del legno - arrendo che lasciano intravvedere un calo della fiducia degli imprenditori».


Oggi la tecnologia è fondamentale nel mondo delle imprese. Noi come siamo messi?
«Le nostre aziende hanno saputo evolvere in maniera importante verso "Industria 4.0" grazie agli stimoli degli iper ammortamenti, stimoli che purtroppo in questa ultima Finanziaria che sta per essere licenziata dal Governo, sono venuti meno. A mio avviso è un errore perchè la trasformazione tecnologia è una delle situazioni fondamentali per reggere e implementare la competitività a livello internazionale».


Area ad alta vocazione export, non fanno paura le difficoltà delle piazze europee tutte in crisi?
«Proprio perché c'è questa vocazione alle esportazioni risentiremo in modo forte del contesto inquieto che ci troviamo ad affrontare e gestire con le crisi internazionali. Alcuni mercati sono praticamente scomparsi, penso alla Russia, ma anche all'Ucraina. Sottolineo ancora che la Germania e in recessione e gli altri Paesi europei non stanno certo meglio».


C'è qualche cosa che si possa fare per cercare almeno di limitare i danni?
«Abbiamo avuto una importante riunione con l'assessore regionale alle Attività produttive e abbiamo convenuto sulla necessità di predisporre un piano di medio termine per l'innovazione nel manifatturiero esistente per favorire la nascita di nuove imprese di prima generazione nel manifatturiero evoluto. Bisogna favorire con vari strumenti l'insediamento di aziende, anche multinazionali, ad alto valore aggiunto e favorire la crescita di nuove stat up che abbiano possibilità di successo».


Quali sono gli strumenti sui quali lavorare?
«Nuove infrastrutture e strumenti per contenere i costi energetici, ma anche leve fiscali. Voglio però aggiungere un dato assolutamente positivo: in questi dieci anni dalle nostre università e dai nostri Its (Istituti tecnici superiori ndr.) sono uscite migliaia di ragazzi con un bagaglio di competenze elevatissime pronti a favorire la trasformazione tecnologica e digitale delle imprese presenti sul territorio, ma anche a rendersi protagonisti della nascita di altre imprese di prima generazione. La strumentazione che abbiamo messo a disposizione è straordinaria».


C'è ancora bisogno di operai specializzati nelle fabbriche?
«Assolutamente sì. Stiamo però lavorando con due indirizzi chiari: il progetto Ghana e il progetto India per recuperare da quei Paesi le professionalità meno elevate che oggi sono praticamente irreperibili in numerosi settori del sistema produttivo».


Il Friuli è terra di start up. C'è un motivo particolare?
«Certamente sì. Ce ne sono alcune cresciute e diventate di grande successo, penso alla Estrima con i primi Birò elettrici. È nata nel Polo tecnologico di Pordenone. Ma ce ne sono tante altre che potenzialmente potrebbero diventare già medie imprese. Secondo me è questa la strada su cui investire. Lo abbiamo fatto in passato credendo nei Poli tecnologici e lo faremo in futuro. È una delle tracce su cui con la Regione lavoreremo nei prossimi mesi».


Diverse aziende sono oggi riferimenti nazionali. È la strada?
«Non ci sono dubbi. Partirei da Electrolux che grazie a una innovazione costante dei prodotti realizzati nella fabbrica di Porcia potrà continuare ad essere ancora un formidabile punto di riferimento. Ma penso anche al gruppo Pezzutti, leader della plastica. E faccio anche un altro nome che può sembrare un paradosso, ma non lo è: la Cimolai. Sono certo che dopo i momenti difficili ora continuerà ad essere una delle industrie di punta per l'acciaio. Ultima, ma non per importanza, la cantieristica che ha appena comunicato il suo portafoglio ordini che è imponente. Tanto per fare un nome la Marine Interiors, azienda di riferimento per la produzione di una buona parte degli interni delle navi da crociera».

Ultimo aggiornamento: 16:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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