ROMA Il risveglio è di quelli da ricordare.
Le mosse di De Rossi
E invece, da quel giorno, Daniele ha ottenuto: 1) Tre passaggi del turno in Europa League, passando dai playoff alle semifinali, superando uno dopo l’altro Feyenoord, Brighton e Milan 2) Otto vittorie, due pareggi e un solo ko in campionato, districandosi dal 9° al 5° posto con finestra, vincendo lunedì contro il Bologna, sul 4° 3) Rivalutato e rivitalizzato l’intera rosa, lanciato un portiere, recuperato un capitano e fatto esplodere una Joya che con lui ha segnato 9 gol in 14 gare 4) Ottenuto il rinnovo di contratto per almeno due stagioni. Così è se vi pare, perché alla perfezione si può sempre ambire. Ed è proprio questa voglia di non accontentarsi che spinge DDR già da oggi (ieri perlopiù lavoro di scarico a Trigoria) a dimenticare le emozioni di giovedì per tuffarsi in quello che sarà a tutti gli effetti uno spareggio Champions. All’andata, non ci fu partita. Due a zero senza repliche, con Mourinho nel post-gara a lanciare il primo amo («Io vorrei restare, se non capiterà non dipenderà da me») mai colto dalla proprietà Usa. Oggi però è un’altra Roma. Lo sarà anche rispetto al ritorno con il Milan. Lukaku non ci sarà e già questo fa tutta la differenza del mondo. Ma lo è nello spirito, nella voglia di esserci, di capire le scelte, di evitare le polemiche. Prendete ad esempio Dybala l’altra sera: ok, la Roma è in 10, vince 2-0 e Paulo ha appena segnato un gol fantastico. Non deve però aver fatto piacere all’argentino esser stato richiamato in panchina dopo mezz’ora. Eppure Dybala ha capito, è uscito senza accennare al minimo gesto di stupore (e a un calciatore basta poco per palesare il proprio disappunto), ha dato la mano al tecnico che se lo è abbracciato come fosse un fratello minore. Dettagli, vero. Ma particolari che lasciano intendere come l’armonia sia tornata a regnare in rosa.
La forza delle idee
Più facile sicuramente quando i risultati arrivano ma l’impressione è che la Roma realmente si sia ritrovata. De Rossi, con la sua spontaneità e schiettezza, somiglia molto al professore Keating de L'Attimo Fuggente. Arrivato in uno spogliatoio cupo, diviso, in difficoltà, è riuscito a regalare, oltre a nuove idee, quel senso di leggerezza che permette di affrontare meglio le avversità. La fortuna vuole che a differenza del film, dove queste idee entrano in collisione con le rigide regole del collegio, a Trigoria siano piaciute anche ai vertici. Da qui, la decisione di rinnovare. E il fatto di averlo voluto comunicare prima della partita con il Milan, ha avuto un risvolto simbolico. Della serie: per noi, al di là di come andrà, è De Rossi l’allenatore con il quale vogliamo costruire un nuovo progetto. Decisione che se ha fatto preoccupare qualche over 50 - cresciuto col motto “Mai ‘na gioia”, figurarsi se ce ne potevano essere due nella stessa giornata - s’è rivelata ancora una volta vincente.