Quasi nuovi tremila casi nell’ultima settimana tra Roma e Lazio, con un aumento del 30,1 per cento rispetto ai sette giorni precedenti. Niente a che vedere con i numeri della pandemia, ma il Covid sta registrando una fiammata in concomitanza con i primi (e sostanziali) abbassamenti delle temperature.
CIRCOLAZIONE
Più in generale, l’infettivologo nota: «C’è un incremento generale in tutt’Italia. Guardando ai numeri, diciamo che siamo all’interno di un’oscillazione da una settimana all’altra, che ci fa percepire che il virus sta circolando molto. E questo era atteso perché ci stiamo avvicinando alla stagione più fredda». Tornando ai dati del Lazio, negli ultimi sette giorni si sono registrati 2.958 nuovi casi, in media 422 al giorno, che si traducono in un aumento settimanale del 30,1 per cento. In questo lasso di tempo i tamponi effettuati in ospedale e in farmacia e comunicati alle autorità sanitarie sono stati 22.669, con un lavoro di positività cresciuto del 14,7 per cento. Cinque invece i decessi contro i 4 della scorsa settimana. Si abbassano invece i ricoveri (296 contro 300) e resta stabile il numero di pazienti trasferiti in terapia intensiva (13).
«Sono variazioni modeste - segnala Andreoni - che non destano una grandissima preoccupazione sia a livello laziale sia a livello nazionale: nulla a che vedere con i numeri che eravamo a leggere nei tre anni precedenti. Però non sono numeri banali». Il riferimento dell’infettivologo è, da un lato, sulle vittime della malattia e, dall’altro, sulle condizioni dei pazienti (fortunatamente pochi) ricoverati. «I 192 morti a livello nazionale, nei quali sono compresi i cinque registrati nel Lazio, rafforzano la necessità di stringere sui tempi delle vaccinazioni. Perché quelli che perdono la vita qui così come nel resto d’Italia, sono persone fragili».
Per quanto riguarda le condizioni dei pazienti ricoverati, Andreoni ricorda che «questa variante, che pensiamo essere diventata più blanda in termini assoluti, ma che ha comunque effetti doppi rispetto all’influenza. Quando è comparsa in Cina a gennaio, ha mietuto un numero consistente di vittime: 83mila secondo le autorità locali, più di centomila per l’Organizzazione internazionali sanitarie». Restando al Lazio, l’infettivologo sottolinea che «qui i medici hanno riscontrato nei malati di Covid i classici sintomi come febbre alta, raffreddamento e problemi alle vie respiratorie, però il virus è presente anche in quelle che sono considerate le infezioni casuale, cioè in pazienti che hanno avuto un infarto o un ictus cerebrale. Dobbiamo capire se questa variante può aver giocato un ruolo nelle malattie cardiovascolari». Anche per questo, conclude, «è meglio vaccinarsi».