VENEZIA - Non fu aiuto al suicidio, ma «concreto esercizio del diritto all’autodeterminazione». La procura di Milano ha motivato così la richiesta di archiviazione per Marco Cappato, il politico e tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, dall’accusa di aiuto al suicidio per aver accompagnato a morire in Svizzera, un anno fa, in una clinica per il suicidio assistito, la libera professionista di Spinea (Venezia) Elena Altamira, 69 anni, malata terminale di cancro.
LE REAZIONI
«Si conferma così il valore della sentenza della Consulta - commenta lo stesso Cappato - nel poter dare risposta concreta ai pazienti irreversibili che chiedono aiuto medico per terminare la propria vita ponendo fine a sofferenze insopportabili, anche in assenza di una legge specifica». «La decisione della Corte costituzionale sul caso Cappato-Dj Fabo - spiega ancora - ha evidenziato dei requisiti affinché un malato possa accedere all’aiuto alla morte volontaria». «Attendiamo di conoscere le motivazioni della richiesta di archiviazione formulata dalla Procura di Milano e cosa deciderà il gip - ha aggiunto Filomena Gallo, segretaria nazionale Associazione Luca Coscioni e coordinatore del collegio di difesa di Marco Cappato - L’obiettivo della disobbedienza di Cappato è quello di fare chiarezza affinché un malato pienamente capace e cosciente delle proprie scelte nelle condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale possa decidere senza rischi legali per la propria famiglia».
Elena Altamira, originaria di Crespano del Grappa, si era trasferita nel 2016 a Spinea con il marito Luigi Crivellari (ascoltato peraltro dai pm durante le indagini) e la figlia Cinzia. Con l’avanzare della malattia aveva deciso di rivolgersi a Cappato. Il giorno della sua morte, aveva diffuso un video di saluto per spiegare le ragioni della sua decisione. «Mi sono trovata davanti ad un bivio. Una strada più lunga che mi avrebbe portato all’inferno, una più breve che poteva portarmi qui in Svizzera, a Basilea: ho scelto la seconda - il suo messaggio - Avrei sicuramente preferito finire la mia vita nel mio letto, nella mia casa tenendo la mano di mia figlia e la mano di mio marito. Purtroppo questo non è stato possibile e, quindi, ho dovuto venire qui da sola».