Senza medico titolare in regione «quasi duecentomila persone» secondo i calcoli dello Snami. In soli due anni le cosiddette “zone carenti”, ossia le aree scoperte in cui mancano dottori di famiglia in pianta stabile, sono più che raddoppiate in Friuli Venezia Giulia (+149%), mentre sono cresciuti di quasi il cinquanta per cento gli incarichi rimasti vacanti di quelli che una volta si chiamavano guardie mediche e più recentemente camici bianchi di continuità assistenziale (e che oggi, alla faccia della semplificazione, vengono definiti “medici di ruolo unico di assistenza primaria ad attività oraria”).
Le cifre, tratte dai documenti ufficiali della programmazione sanitaria pubblicati sul Bur nel tentativo di arruolare nuovi camici bianchi per tappare i “buchi”, parlano chiarissimo e testimoniano quella che ai sindacalisti sembra una «deriva» verso il burrone.
IL SINDACATO
Per il presidente di Snami Fvg Stefano Vignando «siamo ormai alla deriva. Ci sono oltre 200mila pazienti che non hanno un medico titolare. Il dottore di famiglia vincitore di zona carente è l’unico che può avere il suo nome sui tesserini dell’anagrafe sanitaria». La sua preoccupazione è legata a «tutti i medici di medicina generale che andranno via» nei prossimi anni in particolare «nel Medio e Basso Friuli». Da sempre critico sulla scelta di attivare in Alto Friuli gli ambulatori di vallata per far fronte alle carenze, Vignando avrebbe preferito una «terza via» anche rispetto alle Asap (gli ambulatori sperimentali di assistenza primaria) divenute operative altrove. «I medici che una volta si chiamavano di continuità assistenziale e oggi ad attività oraria sono impegnati per 24 ore alla settimana. Ne avanzano 14 per arrivare alle 38 ore che equivalgono all’orario del medico di famiglia con 1.500 assistiti. Per quelle 14 ore con un’adeguata contrattazione e un adeguato compenso che poteva arrivare fino a 40-42 euro all’ora, cinque in meno di quanto prendono i dottori delle Asap», le ex guardie mediche secondo Vignando «potevano essere integrate in una Aft (Aggregazione funzionale territoriale, i gruppi di dottori che lavorano insieme condividendo gli spazi ndr). C’è l’Accordo integrativo del 2019 che disciplina tutto, ma in AsuFc sembra non vogliano applicarlo. Avrebbero potuto impiegarli nei distretti mandando i medici di continuità assistenziale nelle aree periferiche come fanno con i professionisti degli ambulatori di vallata. Sono medici di medicina generale integrati, organici all’AsuFc, avrebbero lavorato spalla a spalla con i dottori di famiglia facendo il lavoro che già fanno di notte, il sabato e la domenica». Ma questo non è lo scenario attuale. «Purtroppo mi pare che siamo in una situazione di non ritorno. Le zone carenti in regione sono più del doppio rispetto all’analogo decreto di ottobre 2021 e gli incarichi vacanti nella ex continuità assistenziale sono il 50% in più».