Treviso. Falsi tamponi per il Green pass: 65 indagati verso il rinvio a giudizio

Giovedì 14 Settembre 2023 di Maria Elena Pattaro
Treviso. Falsi tamponi per il Green pass: 65 indagati verso il rinvio a giudizio

TREVISO - Falsi tamponi per ottenere il Green pass senza fare il vaccino anti Covid. A cinque mesi e mezzo dalla chiusura della e indagini, la Procura si appresta a chiedere il rinvio a giudizio per 65 persone, tra cui l’ex prefetto di Treviso Maria Augusta Marrosu. E anche una nota famiglia di ristoratori, proprietaria di alcune pizzerie nell’hinterland. Gli indagati avrebbero ottenuto da tre professioniste sanitarie che lavoravano al poliambulatorio “Salute e Cultura” di Fiera un falso Green pass per evitare il vaccino contro il Covid 19. Gran parte di loro ha espresso ai propri legali difensori la volontà di non accedere a riti alternativi ma di affrontare il dibattimento, convinti di riuscire a smontare le accuse. Il poliambulatorio aveva preso subito le distanze dalle tre sanitarie indagate, interrompendo il rapporto di collaborazione. Ora potrà costituirsi parte civile in sede di udienza preliminare. «Faremo quanto in nostro potere per tutelare il buon nome del poliambulatorio» aveva affermato la struttura quando era stata resa nota l’inchiesta. 


LE CONTESTAZIONI
A cinque di loro il pm Mara Giovanna De Donà contesta l’associazione a delinquere finalizzata al falso ideologico. Si tratta della “mente” del meccanismo truffaldino, composta da Marzia Carniato, all’epoca dei fatti direttore sanitario del poliambulatorio e dal marito Antonio Bruscaglin; Elisa Finco, responsabile del laboratorio di biologi, indagata insieme al compagno Alessandro Brunello; e Jessica Possamai, infermiera libero professionista di Roncade che prestava servizio che in qualche farmacia.

Sessanta invece i pazienti sotto accusa per falso in atto pubblico, provenienti dalle province di Treviso, Padova, Reggio Calabria, Pordenone, Venezia, Bolzano, Bologna, Asti, Salerno, Pescara, Napoli, Alessandria, Milano.


IL MECCANISMO 
Secondo la procura, il sistema prevedeva l’attestazione dell’esito positivo di test molecolari eseguiti al poliambulatorio o di test rapidi fatti nelle farmacie. I pazienti venivano così inseriti nell’elenco dei contagiati. A distanza di circa una settimana ne veniva accertata la negativizzazione permettendo ai finti malati di ottenere il Green pass di avvenuta guarigione senza doversi inoculare il vaccino. In questo modo i No vax avevano libero accesso a ristoranti, cinema, teatri all’epoca sottoposti a restrizioni. Perché il piano funzionasse le tre professioniste avrebbero assegnato i nomi dei “furbetti” a campioni biologici prelevati da pazienti effettivamente contagiate. A uno dei compagni delle due dottoresse viene contestata la produzione dei falsi Green pass attraverso il web. L’uomo avrebbe cercato e scaricato dalla rete certificazioni verdi con Qr code valido, appartenenti a ignari cittadini. L’indagine ha preso avvio all’inizio del 2022, durante un controllo a campione dei Nas. Esaminando i certificati di avvenuta guarigione, i carabinieri si sono accorti che in qualche caso erano stati firmati da Carniato e Finco quando erano a casa in malattia, per Covid, o mentre erano in vacanza lontano da Treviso. Le intercettazioni telefoniche hanno fatto il resto.

Ultimo aggiornamento: 07:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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