Baby gang, dopo i colpi e le spaccate i festini a base di caviale: «Cos'ha abbiamo fatto di male?»

Venerdì 14 Maggio 2021 di Serena De Salvador
Baby gang, dopo i colpi e le spaccate i festini a base di caviale: «Cos'ha abbiamo fatto di male?»
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TREVISO-MESTRE - Le foto in gruppo con il dito medio bene in vista. Quelle a bordo della Bmw appena rubata e pronta a essere scagliata contro la vetrata di una tabaccheria. Quelle del caviale sottratto in pescheria e da mangiare a colazione, poco importa se coperto di burro e spalmato su qualche fetta di pane in cassetta arraffata al discount. Parlano di uno sfoggio d'arroganza le decine di immagini trovate dai carabinieri della compagnia di Treviso e del Nucleo Radiomobile nei cellulari degli  8 giovani della baby gang che nel mese di gennaio ha imperversato tra Casier, Casale sul Sile, Preganziol e Mogliano. Prove lampanti della loro colpevolezza, che quando i militari ieri all'alba si sono presentati a casa loro non hanno nemmeno provato a negare. «Non pensavamo di aver fatto nulla di così grave» hanno tentato di minimizzare a fronte di una rapina in cui hanno picchiato un uomo, di 4 spaccate con danni ingentissimi, di una fuga rocambolesca lungo il Terraglio e di una miriade di altri furti. Tutti messi a segno nelle notti di gennaio, in pieno coprifuoco e incuranti delle restrizioni agli spostamenti.

IL RITRATTO
Spavaldi, incoscienti, determinati. Ma senza motivazioni. Nessuno di loro ha rubato e razziato per necessità. Tanto che i bottini il più delle volte sono stati miseri rispetto ai danni provocati: qualche pacchetto di sigarette, qualche gratta e vinci da spartire, qualche centinaio di euro. Sono tutti italiani i giovani banditi, alcuni figli di genitori stranieri arrivati in Veneto da molti anni, sia dall'Africa che dall'Est Europa. Sono cresciuti tra la Bassa Trevigiana e il Mestrino, dove hanno frequentato le scuole dell'obbligo. I minorenni ancora frequentano le lezioni, i maggiorenni si mantengono con lavoretti occasionali. Vengono da famiglie di media estrazione, non certo avvolte nel benessere ma nemmeno in situazioni di indigenza. Ai banchi di scuola, al lavoro e alla vita in famiglia però il branco ha sempre preferito quella di gruppo, tra strade e locali. Così le età e le provenienze da comuni diverse si sono mescolate.

IL MODUS OPERANDI
Il leader del gruppo era F.S., 19enne di Mogliano che come la maggior parte dei suoi affiliati aveva già maturato alcuni precedenti per furti e rapine nonostante la giovane età. Attorno a sé aveva stretto il 18enne veneziano E.M. e il compaesano 20enne G.F.  Erano loro ad avere la patente e a guidare i veicoli rubati. Tramite la fidanzatina 16enne di uno di loro (arrestata anche lei e partecipante attiva di almeno un colpo) hanno poi conosciuto anche il mestrino di 15 anni finito in comunità, le altre due ragazze veneziane denunciate (anche loro compagne dei membri della gang) e l'ultimo complice, denunciato pure lui per aver ricettato pare delle refurtive.
Nel gruppo i ruoli erano diversificati e i membri non colpivano mai tutti insieme. Sceglievano un obiettivo, si procuravano l'auto o il furgone per entrare in azione e poi in tre o quattro per volta preparavano gli assalti. Poi, con la complicità dei tre denunciati, spartivano i bottini e rivendevano quel che riuscivano. C'erano loro dietro la serie di furti d'auto compiuta tra Mogliano e Preganziol all'inizio dell'anno. Dal vecchio furgoncino Fiat Scudo alla Bmw ultimo modello, si accaparravano qualunque mezzo. Da altri rubavano solo le targhe, da montare poi sui veicoli rubati per compiere i furti nei negozi. La notte tra il 12 e il 13 gennaio, quando alle 2 hanno colpito alla tabaccheria di Dosson lungo il Terraglio, i carabinieri li avevano quasi presi. Li hanno intercettati a bordo di una Bmw rubata a Mogliano, ma i giovani banditi avevano bruciato il posto di blocco con una fuga ad alta velocità. Quell'episodio è però stato fondamentale, perché grazie a un capillare lavoro di controllo delle targhe il cerchio attorno a loro è andato progressivamente a chiudersi.
Dopo quella notte erano tornati a colpire a Casale sul Sile, ma era stata la loro ultima razzia poiché da quel momento hanno capito di avere sul collo il fiato degli inquirenti.

Non hanno però smesso di inviarsi video e foto delle loro discutibili prodezze, finite tutte nei fascicoli aperti dalla Procura di Treviso e da quella peri i minorenni di Venezia.

Ultimo aggiornamento: 15 Maggio, 09:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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