PORDENONE/UDINE - L'obiettivo è di raggruppare tutti i parti che effettuati sul territorio del Friuli Occidentale nel nuovo ospedale di Pordenone. Lo ha detto il direttore dell'Asfo, Giuseppe Tonutti, nell'incontro di ieri. «Adesso non siamo ancora in grado di farci fronte, ma con il nuovo ospedale scadrà e non sarà rinnovata la convenzione con la casa di cura San Giorgio.
LE PROMESSE
Nessuno lo mette in dubbio, ma la chiusura dei punti nascita di San Vito (già attuata) e quella ipotizzata del Policlinico, stridono con le promesse del presidente della regione, Massimiliano Fedriga. Era il dicembre del 2022 quando a San Vito, Fedriga visitando la struttura disse "non permetteremo la sua chiusura". Pochi mesi dopo, al policlinico San Giorgio, lo stesso presidente disse più o meno la stessa cosa. È bene ricordare, però, che eravamo già in campagna elettorale, quando evidentemente è più facile promettere.
GETTONISTI OVUNQUE
Non ci sono dubbi sul fatto che il clima all'interno del reparto di Ostetricia e Ginecologia a San Vito fosse teso. I gettonisti difficilmente lavorano durante le festività e quindi tutti i turni se li caricavano sulle spalle i tre interni rimasti. In più la squadra si era sciolta come neve al sole. Ma se vale il criterio che si chiudono i servizi sanitari dove i medici gettonisti sono in maggioranza rispetto agli interni perchè non c'è più sicurezza e qualità, allora all'Asfo, oltre al punto nascita di San Vito si dovrebbero chiudere la Radiologia, il pronto soccorso di Spilimbergo, i punti di primo soccorso di Maniago e Sacile, il pronto soccorso ortopedico di Pordenone e almeno metà di quello dell'ospedale, tutti carichi di liberi professionisti esterni. Ma su questo punto Tonutti non ci sta. «Mi spiace - ha spiegato - ma la radiologia è in una situazione completamente diversa. Ci sono quattro medici stranieri che lavorano ogni giorno, ci mettono la faccia e vivono a Pordenone. Nulla a che fare con i gettonisti. Casomai - ha concluso - il problema è per il pronto soccorso di Spilimbergo, dove effettivamente con i gettonisti i problemi esistono. Ma non è possibile in questo momento lasciare scoperti servizi come quelli. Non escludo, però, che una volta terminato il contratto, non si vada su una formula legata ai medici argentini, come per la Radiologia».
LA POLITICA
Ma se l'opposizione ha già promesso le barricate sulla chiusura del punto nascita, per ora la maggioranza sembra in sintonia con la decisione. «Sulla sospensione del servizio del punto nascita di San Vito è doveroso fare chiarezza - spiega il consigliere di Fdi, Markus Maurmair eletto nel bacino sanvitese - infatti, la costante diminuzione delle nascite comporta tra le tante difficoltà sociali anche gravi conseguenze dal punto di vista della sicurezza dei parti. A riconferma la circostanza oggettiva che minore è la casistica affrontata, maggiore è il rischio di parti con complicanze per la madre e i neonati. Tale evidenza è stata tradotta in provvedimenti organizzativi che impongono limiti minimi al di sotto dei quali è disposta la chiusura dei centri di nascita. In particolare al di sotto dei 1.000 nati per anno è prevista la continuità del servizio, ma in deroga e al mancato superamento dei 500 casi è disposta la sospensione. Oggi, San Vito al Tagliamento si trova al di sopra della soglia dei 500 per anno per una manciata di nascite. La realtà è che con il numero complessivo di parti di questi anni sarebbe auspicabile un solo punto nascita in provincia di Pordenone così da garantire la massima sicurezza, che è ciò che tutti dovremmo desiderare». Sulla stessa lunghezza d'onda il segretario regionale della Lega, Marco Dreosto. «La prima cosa che va sempre valutata è la sicurezza delle persone, in questo caso mamme e bambini e la scelta dell'azienda è stata conseguente. Esiste poi una criticità, purtroppo a livello nazionale, sulla carenza di medici. Questo è un tema che va affrontato sui tavoli istituzionali e politici nazionali».