Israele, asse di Biden con l'Egitto per un rapido cessate il fuoco: si tenta di replicare la strategia del 2014

Venerdì 14 Maggio 2021 di Anna Guaita
Israele, asse di Biden con l'Egitto per un rapido cessate il fuoco: si tenta di replicare la strategia del 2014

NEW YORK Sommerso da problemi interni, Joe Biden aveva sperato di riuscire a navigare nel tempestoso palcoscenico israelo-palestinese scegliendo una via di mezzo. Come dire, un colpo al cerchio e uno alla botte. Ha lasciato l'ambasciata a Gerusalemme, dove l'aveva trasferita Donald Trump, con soddisfazione degli israeliani, mentre ha riaperto il canale degli aiuti finanziari ai palestinesi, che invece Trump aveva prosciugato, ottenendo qui il ringraziamento del presidente dell'Autorità Palestinese Abbas.

I suoi collaboratori avevano spiegato che «c'era poco da guadagnare, nel voler cambiare di colpo la politica nei confronti del conflitto israelo-palestinese».

La nuova crisi - Anche nella crisi da poco scoppiata, dunque, Biden ha cercato di continuare a camminare nel centro della strada, con il risultato questa volta che tutte e due le parti lo hanno aspramente criticato. Ieri dunque Jane Psaki, portavoce della Casa Bianca, ha rivelato che in realtà l'Amministrazione si stava dando da fare dietro le quinte. Almeno una trentina di telefonate sono state scambiate fra la Casa Bianca, il Dipartimento di Stato e gli interlocutori principali in Medio Oriente. L'Egitto è l'alleato più importante nella regione, e a Washington nessuno ha dimenticato che nel 2014, quando di nuovo Israele era entrato a Gaza e la battaglia mieteva centinaia di vittime, fu proprio Il Cairo a disegnare un piano di pace che poi gli Usa spalleggiarono all'Onu. Come il presidente egiziano Al-Sisi, allora fresco di elezione,fu decisivo per sbrogliare la sanguinosa matassa sette anni fa, la scommesa di Biden è che anche oggi si riveli decisivo. Tuttavia il presidente ha parlato anche con il re di Giordania e Abdulla II e con lo sceicco Tamim del Qatar. Secondo Psaki fino a ieri lo sforzo era stato proprio di «cercare di muovere le parti verso la de-escalation». Non è stato ottenuto granché, le cronache di ieri sera confermano, e la posizione di Biden si è fatta più difficile. Interessato a risolvere come prima cosa le sfide interne, il presidente aveva comunque intenzione sul fronte di politica estera di privilegiare le questioni con la Cina e l'Iran. E questo lo riallaccia strettamente all'Amministrazione Obama, che aveva invano più volte tentato di sganciare la politica estera degli Usa dal fronte mediorientale, per concentrarsi sulla necessità di contenere l'espansionismo cinese, con il risultato di trovarsi poi tra le mani la crisi catastrofica dell'Isis.

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Il partito - La questione palestinese-israeliana per di più rischia di costargli anche l'unità del suo partito, che gli è indispensabile per il successo dei programmi di politica interna. Si è già creata una spaccatura infatti fra la solida colonna filo-israeliana, guidata dal senatore di New York Chuck Schumer, affiancato dai più anziani, e un'ala di giovani ribelli, pronti a rompere con l'ortodossia del partito: «Non possiamo solo condannare i razzi lanciati da Hamas, e ignorare a violenza sancita dallo Stato che Israele infligge ai palestinesi» proclamano le famose tre deputate che formano The Squad, Alexandria Ocasio Cortez, Rashida Tlaib e Ilhan Omar. La questione verrà comunque portata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. L'ambasciatore Riyad Mansour martedì si era però già lamentato che «al Consiglio di Sicurezza siamo in uno stato di costante paralisi», e aveva definito l'inazione della diplomazia «inaccettabile». Una riunione lo scorso lunedì si era in effetti risolta in un nulla di fatto proprio perché gli Usa avevano chiesto più tempo per poter discutere della questione «con gli alleati della regione». Vedremo se davanti alle mosse di Israele di ieri gli Usa oggi saranno più pronti a discutere un intervento.

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