Regionali Basilicata, il flop di M5S (ri)alimenta i dubbi dem. Puglia: Emiliano, mini-rimpasto

Mal di pancia Pd dopo la larga vittoria di Bardi. Puglia, il governatore cambia solo tre assessori. Schlein voleva un vero repulisti

Mercoledì 24 Aprile 2024 di Andrea Bulleri
La segretaria del PD Elly Schlein, il presidente M5S Giuseppe Conte in occasione del convegno ‘Acqua e sole, un connubio perfetto’ tenutosi alla Camera dei Deputati a Roma, Martedì, 09 Aprile 2024 (foto Mauro Scrobogna / LaPresse)...

ROMA Le ironie del centrodestra («Otto a uno, ed è solo riscaldamento»), i gran sorrisi di Matteo Renzi («In Basilicata si vince al centro, tutto il resto è noia»).

E il campo largo a cui, invece, tocca bersi l’amaro lucano. Il day after delle regionali somiglia un po’ al giorno della marmotta. Almeno nel centrosinistra, dove puntuale come un orologio dopo il nuovo tonfo dell’asse Pd-M5S torna in scena il consumato copione dell’analisi della sconfitta, riposto da un mese appena dopo la débacle in Abruzzo.

Basilicata, bis di Bardi: cosa cambia per le coalizioni con il crollo M5S e il sorpasso di FI sulla Lega

I VETI
Con una novità: stavolta nel Pd sono quasi tutti d’accordo con il giudizio che la segretaria Elly Schlein ha condiviso coi dem nelle scorse ore. Ovvero: in Basilicata la partita era contendibile. Potevamo vincere, abbiamo scelto di giocare in dieci. Il dito non è puntato contro lo sconfitto Piero Marrese, anzi: nel Pd è unanime il ringraziamento per lo «sforzo» di aver cercato all’ultimo minuto, dopo diversi candidati bruciati o ritirati, di metterci una toppa. Ma era troppo tardi. Colpa dei «veti incrociati» di Conte, da una parte, e dei centristi dall’altra, secondo la lettura della leader. «Veti» come quelli sul nome di Angelo Chiorazzo, recordman di preferenze con la sua lista Basilicata casa comune, davanti a Marcello Pittella. «In Sardegna – è il senso del ragionamento di Schlein – qualcuno diceva che avevamo vinto perché in coalizione con noi non c’era Calenda. Anche stavolta non c’era e abbiamo visto com’è finita». No: l’insegnamento da trarre, per la segretaria, è lo stesso principio «matematico» che lei va ripetendo da mesi: senza unità delle opposizioni la destra non si batte.

La postilla aggiunta a taccuino chiuso da più di un dem è che Conte ora farebbe bene a smettere di dettare legge: «Anche perché, con il 7%, come fa a imporre paletti?». Siamo davvero certi, si chiede insomma qualcuno, che il Movimento sia un valore aggiunto, specie nelle elezioni locali? È la critica arrivata forte e chiara da Pina Picierno: «Con M5S servono regole certe. E serve un perimetro chiaro per le alleanze: non si può decidere, di volta in volta». Il sindaco di Pesaro Matteo Ricci punta il dito invece sulla defezione di Calenda e Renzi: «Come sempre quando si va divisi si perde. Dobbiamo ripartire sapendo che la strada dell'unità delle opposizioni è obbligata». Più caustico coi pentastellati Lorenzo Guerini: «La rinuncia a fare davvero il campo largo ha viziato l’esito», riflette in Transatlantico il big dei riformisti. «Si è deciso di chiudere la collaborazione con le forze centriste, che in Basilicata hanno un peso e un radicamento fatto di nomi e cognomi». E lo si è deciso, è il sottotesto, per il no imposto da Conte.

Irritazione, quella per l’avvocato, che al Nazareno si somma alla rabbia per le mosse di Michele Emiliano. L’ultima, il mini-rimpasto varato ieri dal governatore pugliese, con il cambio di tre assessori (Trasporti, Rifiuti, e Cultura). Schlein era stata categorica nel pretendere un «netto cambio di passo». Non un azzeramento, ma quasi. Il governatore (che ieri è stato ufficialmente convocato a riferire in Antimafia sulle inchieste giudiziarie baresi), invece, ha fatto di testa sua.

Dalla Basilicata, intanto, per il Pd resta la (magra) consolazione di aver raddoppiato i voti di lista rispetto a cinque anni fa. E di essersi piazzati secondi dopo FdI, col doppio dei voti dei Cinquestelle. Che – ormai concentrati solo sulla battaglia Europee – provano a ridimensionare il flop. «Difficile essere competitivi quando si presentano ammucchiate come quella che sosteneva Bardi», pungono da via di Campo Marzio. «Non ha vinto un progetto politico, ha vinto un mucchio selvaggio: che prospettiva possono offrire alla Basilicata Bardi e Pittella insieme?».

I VINCITORI
Lui, il governatore rieletto, alza le spalle: «Il campo larghissimo con Azione – ribadisce nella conferenza stampa dell’indomani – è stato fatto anche in altre regioni, ma ci meravigliamo solo qua perché c'è Pittella». Nel frattempo, FdI gongola sui social, con una card che aggiorna il conto delle vittorie di centrodestra e centrosinistra alle regionali degli ultimi anni: 8 a 1, si legge. «Ed è solo il riscaldamento…», se la ridono i Fratelli, pensando alle Europee di giugno. Al pallottoliere, in realtà, manca qualche pezzo da entrambi i lati (tipo il Trentino e il Lazio al centrodestra, l’Emilia e la Toscana al centrosinistra). Il senso però non cambia. «La spallata antifascista in Basilicata ha fallito», mette a verbale Giovanni Donzelli. E Fabio Rampelli rintuzza: «La sinistra scrive il proprio epitaffio».

Chi allo stesso modo può festeggiare è Matteo Renzi, a quota 7%. In terra lucana l’ex premier è stato tra i primi a convergere su Bardi. Ora cita Califano: «In Basilicata – scrive – si vince al centro. Bardi ha scelto noi e ha vinto. Il Pd ha scelto M5S e ha perso. Tutto il resto è noia».

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Ultimo aggiornamento: 25 Aprile, 09:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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