Sugar tax, lo stop di Giorgia Meloni. Sul Superbonus l’opzione banche: veicolo per gestire i crediti

Imprese escluse dalla stretta Superbonus potranno ancora detrarre in quattro anni

Martedì 14 Maggio 2024 di Rosario Dimito e Francesco Pacifico
Sugar tax, lo stop di Giorgia Meloni. Sul Superbonus l’opzione banche: veicolo per gestire i crediti

Giorgia Meloni è stata chiara con i suoi ministri e i suoi alleati. In primo luogo va rinviata la Sugartax.

Cioè i cinque centesimi per ettolitro (o i 13 centesimi sulle polveri da diluire) di imponibile sulle bevande più zuccherine. Poi bisogna spazzare via le frizioni in maggioranza sulle ultime strette al Superbonus volute da Giancarlo Giorgetti, che hanno scatenato le preoccupazioni di Forza Italia e i timori nel mondo delle banche e, di riflesso, tra le imprese. Al riguardo, a Palazzo Chigi, non si vorrebbero neppure aprire nuovi fronti con gli istituti di credito che ieri sono stati attivamente impegnati in sede, con Intesa Sp che ha lanciato una proposta di un veicolo di cui sta parlando con il Mef assieme a Unicredit che ricorda la vecchia Atlante del 2017.

La regola aurea è non intaccare la stabilità dei conti pubblici, ma dopo un weekend scandito da troppe polemiche, il presidente del Consiglio è scesa in campo per spingere tutti gli attori in campo - non solo il ministro dell’Economia, Giorgetti, e il titolare della Farnesina, Antonio Tajani - a trovare un accordo. Non ci sarebbe stato un vertice di maggioranza, ma il premier nelle ultime ore ha chiesto da un lato di rinviare l’entrata in vigore della Sugar tax - la cui introduzione è stata inserita nell’ultimo emendamento del Mef al Superbonus - e dall’altro di smussare le divisioni all’interno della maggioranza per trovare un’intesa che soddisfi tutti e non generi all’esterno - leggi banche - inutili conflitti.

Al Mef e ai partiti, quindi, il compito di trovare le coperture per rinviare la Sugar tax e di non inserire norme che potrebbero riallargare il perimetro di spesa dell’incentivo definito da Giorgetti «la diga del Vajont». Qualcosa in più sulla linea seguita si capirà questa mattina in commissione Bilancio del Senato, dove si voterà - emendamenti e sub-emandamenti compresi - il testo da portare domani in Aula. Ieri pomeriggio, intanto, Forza Italia ha presentato otto sub-emendamenti per cancellare il divieto a banche, assicurazioni e intermediari di detrarre in compensazione i crediti fiscali dei debiti previdenziali e assicurativa, il ricalcolo retroattivo al primo gennaio della rimodulazione delle rate che riguarda le famiglie nello spalmacrediti o le sanzioni e i paletti che impediscono agli attori finanziari di vendere i crediti comprati a un prezzo inferiore al 75 per cento di quello nominale. Sempre gli azzurri, dopo la battaglia di Tajani, ha chiesto il rinvio della Sugar tax e più fondi per gli investimenti e le manutenzioni di Ferrovie.

Il Mef - come si è appreso durante una riunione che si è tenuta in Senato tra il sottosegretario al Mef, Federico Freni, il presidente della commissione Bilancio del Senato, Massimo Garavaglia, e il relatore al decreto Giorgio Salvitti - fa resistenze su modifiche al Supebonus, mentre ha dato il via libera sullo stop alla Sugar tax. Scende poi al 33 per cento, rispetto al 50 finora previsto, la compartecipazione dei Comuni nel recupero dei crediti erogati in maniera proditoria. Intanto, se le banche si dicono preoccupate, tirano un sospiro di sollievo dal mondo delle imprese. «L’obbligo di ripartizione in 10 anni - come ha sottolineato l’ex viceministro al Mef, Enrico Zanetti, in un articolo su Eutekne.info - si applica solo per l’utilizzo diretto in dichiarazione dei redditi dei suddetti bonus». Quindi riguarda solo le famiglie né le imprese e gli istituti di credito. Detto questo Confindustria avrebbe chiesto comunque al governo un tavolo con tutti gli attori del settore per trovare una soluzione, temendo che allo stop alle compensazione seguano restrizioni all’accesso al credito.

IL FRONTE BANCARIO

Anche le banche sono molto attente. Ieri mattina c’è stata una riunione in ambito Abi, in presenza e online: c’erano Antonio Tajani, ministro degli esteri e leader di FI, Maurizio Gasparri, Antonio Patuelli, Gianfranco Torriero, Paolo Barelli; ben cinque rappresentanti di Intesa Sanpaolo (il responsabile Cib Mauro Micillo, il capo della Banca dei Territori Stefano Barrese, il cfo Luca Bocca, il responsabile marketing Anna Roscio, il capo economista Gregorio De Felice); due di Unicredit (il capo delle risorse umane Ilaria Dalla Riva, il cfo Italia Stefano Chiarlone), Edoardo Ginevra, condirettore generale di Banco Bpm, dirigenti di Iccrea e Cassa Centrale.

LA PROPOSTA

Evidenziate tre criticità: la retroattività negherebbe lo stato di diritto; i mercati e gli investitori avrebbero una reazione negativa; il decreto 1 impedisce la compensazione previdenziale solo ai soggetti vigilati, non a Poste.

Gli uomini di Intesa hanno lanciato una proposta di cui stanno discutendo con il Mef. Il Tesoro dovrebbe costituire un veicolo, simile a una spv delle cartolarizzazioni, rassomigliante al fondo Atlante del 2017 nato per ricapitalizzare le banche venete e finanziato attraverso varie modalità come l’emissione di Btp o altre forme e il ricavato servirebbe per comprare i crediti di imposta. Le grandi banche ne hanno complessivamente 35 miliardi di cui oltre 20 miliardi in capo a Intesa Sanpaolo che ha schierato una task force proprio perchè più coinvolta degli altri istituti nel possesso di crediti di imposta.

Lo schema dell’operazione è fluido nel senso che dai colloqui di Intesa, Abi con il Mef potrebbero sorgere aggiustamenti vari, aggiungendo altri soggetti come Cdp (per la garanzia) e/o Sace. E’ evidente che questa opzione del veicolo andrà poi eventualmente risistemato in un altro emendamento per dargli l’autorevolezza di soluzione definitiva. Oggi potrebbe essere la giornata giusta.

Ultimo aggiornamento: 10:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA