Mafia, fiaccolata a Roma per ricordare gli attentati alla basilica del Laterano e al Velabro del 1993

Lunedì 24 Luglio 2023
una delle prime immagini dell'attentato a San Giovanni in Laterano

Fu un attentato contro la Chiesa per l'anatema contro i mafiosi pronunciato da Papa Wojtyla nella Valle dei Tempi di Agrigento nel 1993.

A trent'anni di distanza dalla notte del 28 luglio 1993 quando due bombe esplosero a Roma, a distanza ravvicinata, a San Giovanni in Laterano e a San Giorgio in Velabro causando 22 feriti e danni ingenti, la Diocesi di Roma assieme alla associazione Libera e al Campidoglio hanno promosso una fiaccolata che venerdì 28 luglio alle ore 00:04 (la notte tra il giovedì e venerdì) partirà da San Giovanni in Laterano per arrivare a Piazza San Giorgio in Velabro.

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«Sono trascorsi trent’anni dagli attentati terroristici a sfondo mafioso avvenuti in contemporaneità all’ingresso del nostro vicariato e nella chiesa di San Giorgio in Velabro. Come Diocesi di Roma riteniamo sia fondamentale non dimenticare quanto accaduto» ha dichiarato cardinale Angelo De Donatis, sottolineando che la mafia resta espressione di una cultura di morte da contrastare. «Vogliamo affermare il rispetto per la Res Publica attraverso i principi della legalità. Esso è in aperto contrasto con il Vangelo della Vita di cui i discepoli di Cristo devono essere per vocazione testimoni». 

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Secondo la Chiesa anche oggi c'è bisogno di «risanare dalla violenza, dalla corruzione, dalle estorsioni, dal traffico illecito di stupefacenti e di armi, dalla tratta di esseri umani. A tale riguardo, è necessario incrementare le attività di tutela delle vittime, prevedendo assistenza legale e sociale di questi nostri fratelli e sorelle in cerca di pace e di futuro». 

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«Quegli attentati- ha precisato Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera- furono la risposta di Cosa Nostra a una Chiesa che non taceva di fronte alle ingiustizie e alle violenze mafiose. Una Chiesa che in molte sue espressioni ha risposto positivamente in questi anni alle minacce e intimidazioni, mettendosi in gioco. E tuttavia permangono certi eccessi di prudenza, certe rigidità. Ecco allora la necessità di continuare a saldare Cielo e Terra, dimensione spirituale e impegno sociale, denunciando con parole e fatti conseguenti non solo le mafie ma tutte le forme di “mafiosità” che spianano la strada al potere mafioso. È l’impegno a cui richiama Papa Francesco. Un Papa che di fronte ai famigliari delle vittime ha chiesto “in ginocchio” ai mafiosi di convertirsi, poi ha denunciato la mafia come “adorazione del male” e scomunicato i suoi membri e complici. Ma che non manca di sottolineare le ingiustizie “legalizzate”, l’evidente commistione tra le logiche criminali e quelle di un sistema economico che in nome del profitto riduce in povertà milioni di persone». 

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Per Roberto Gualtieri, sindaco di Roma l’esercizio della memoria è sempre necessario, è un dovere morale e civile per impedire «che il passato si ripeta, per tramandare alle giovani generazioni i valori sani della democrazia e per creare basi sempre più solide per il futuro». Hanno aderito alla manifestazione anche le Acli, Agesci, Comunità di Sant'Egidio, Azione Cattolica, Arci, Cngei, Legambiente, Cgil e Uil. 

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Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, i mafiosi LoNigro, Spatuzza e Giuliano arrivarono a Roma il 26 luglio e nella serata del giorno successivo rubarono due Fiat Uno, accompagnati da Benigno e Scarano: le auto rubate furono portate nel magazzino di Di Natale sulla via Ostiense, dove Lo Nigro e Benigno provvidero a imbottirle con l'esplosivo; la sera stessa, Lo Nigro portò la prima autobomba davanti San Giorgio al Velabro mentre Spatuzza, Benigno e Giuliano portarono la seconda a San Giovanni in Laterano, accendendo le rispettive micce: le esplosioni, che avvennero a distanza di quattro minuti l'una dall'altra, provocarono ventidue feriti ma nessuna vittima, nonché gravi danneggiamenti alle due chiese storiche. 

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