Doppio esame di russo oggi a Madrid per la giovane Italia.
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ATTITUDINE
Dodici mesi fa Flavio, nato a Firenze ma adottato a un anno da Roma e dalla Roma calcio (dov’era una promessa), era 182 della classifica, alla prima stagione stabile sull’ATP Tour, è esploso agli Australian Open superando le qualificazioni e proprio Jarry e Kotov, e quindi coi quarti a Montpellier e Delray Beach. Poi s’è un po’ piantato. «Speravo in una reazione dopo Montecarlo e Barcellona quando era molto nervoso. Contro Tabilo ha vinto perché ha proprio voluto vincere e con Jarry, tennisticamente, ha giocato una del migliori partite dell’anno», dice papà Stefano, l’ex pro che l’allena. «Adesso contro Khachanov dovrà ripetersi con un alta percentuale di prime, rovescio lungolinea e dritto incrociato stretto. Senza lamentarsi, con la giusta mentalità».
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RAPPORTO COMPLICATO
Le storie padri-figli sono sempre delicate, figurarsi col papà allenatore. «E’ un rapporto complicato, di alti e bassi, devo essere bravo a non essere una presenza così costante. Gli chiedo e mi chiedo continuamente: “Va bene così? Sono l’allenatore giusto o prendiamo un altro coach?”. Di certo non sono il classico padre che soffre sugli spalti: mi capitava quando giocava a pallone, nel tennis invece sono lucido e tranquillo». Nessun contratto. «In genere pago tutto io, se finisco i soldi sulla mia carta paga lui. Diciamo che si tiene tutti i premi dei tornei e io uso un po’ di quelli degli sponsor per le spese vive». Come per il preparatore atletico. «A Madrid c’è Giulio Rubini col quale lavora da settembre, gli è stato utilissimo nella prevenzione». C’è anche la fidanzata. «Matilde, stanno insieme da 3 anni: è un sentimentalone, coi bambini e gli anziani è dolcissimo». Non chiedete conferma a Tabilo e Gumy: in campo, Flavio si trasforma. «Tanti, io compreso, quando lo vedono in allenamento e in partita pensano che non ha un vero colpo devastante o una mano incredibilmente sensibile. Ma il tennis è anche gambe, testa e cuore, e in questi aspetti Flavio è al top. Si muove benissimo, sa soffrire ed è molto freddo, quando deve chiudere chiude, quando ha la palla break tira il lungilinea. E se aggancia l’avversario non lo molla più». Comunque anche i colpi stanno crescendo. «Il dritto sta diventando pesante. Il rovescio è più naturale, ma si addormenta di più e, in difesa, senza un ottimo back, commette gratuiti importanti. Fra 2-3 anni quando si sarà rafforzato di fisico sarà più efficace».
Da terraiolo a giocatore ogni superficie: la prima scommessa è stata vinta. E adesso? Papà Stefano non si sbilancia: «Dove può arrivare non lo so, quando guardo ai primi 15-20 del mondo tutti hanno qualcosa di più, ma Flavio mi sorprende sempre. Ha la potenzialità di fare dei grandi risultati, soprattutto nei grandi tornei e davanti a grandi pubblici, e si esalta nelle difficoltà. Se lavora ed è disponibile - per esempio nella volée - può ancora migliorare nella tecnica di base e può stare stabilmente fra i primi 40».