La doppia notte di Madrid tra i sogni del Real e gli incubi dell’Atletico

Giovedì 23 Aprile 2015 di Benedetto Saccà
La doppia notte di Madrid tra i sogni del Real e gli incubi dell’Atletico

Due notti opposte, eppure trascorse sotto lo stesso cielo. Impossibile ovunque, ma certo non a Madrid. Perché l’ottavo derby stagionale tra il Real e l’Atletico ha timbrato la sentenza definitiva. Nessuna vendetta, solo la prosecuzione di un andare rotolato ormai nella leggenda. È stata la squadra di Carlo Ancelotti a planare leggera – e con pieno merito, va detto – verso il sogno delle semifinali della Champions League. Al contrario, l’incubo ha accompagnato il (poco) sonno dei colchoneros di Diego Simeone, animati da sentimenti di rivalsa ma, a stringere, capaci al Santiago Bernabeu soltanto di allestire un ordinato catenaccio. Inutile. Inutile e offensivo in senso lato, almeno a certi livelli. Così, il protagonista (o l’antagonista, dipende dall’angolazione) della serata è divenuto il messicano Javier Hernandez, per tutti Chicharito, 27 anni da compiere fra 39 giorni. «ChichaDios Hernández», lo ha celebrato il quotidiano Marca.

Una girata a specchio libero, un ringraziamento a Cristiano Ronaldo e via, una corsa pazza verso la bandierina. E si fa una gran fatica ora a indovinare il nome esatto di tutto quel gran mescolo di gioia. E forse, in fondo, lo conosce solo Hernandez, o neppure lui, chissà. Spesso boicottato dagli infortuni o accantonato, il talento messicano è affiorato in superficie dopo aver risalito abissi profondi. Giocava poco, o mai. Ma, si sa, lo sport sana le fratture, restituisce un ordine, riequilibra le ingiustizie. E, allora, all’88’ di una sfida orientata ormai verso la proroga dei tempi supplementari, il piccolo e grande Chicharito, presente perché assente Benzema, ha regalato al Madrid la semifinale e la prima vittoria stagionale contro i concittadini; e a sé una bolla di felicità indimenticabile. «Quando non giocavo rimanevo paziente, i miei compagni avevano fiducia in me», ha sussurrato ieri sera, ancora incredulo.

E, al fischio di chiusura, non ha stupito la sua commozione.

Bisogna registrare che la stampa spagnola ha elogiato la prestazione del Real, tributandogli un mare di complimenti. È piaciuta la prova. E non meraviglia che i supporter abbiano organizzato qualche festeggiamento per le strade della città. Sul versante biancorosso, palpabile è diventato lo sconforto col trascorrere delle ore. Coerente a un certo modo di stare in campo, Simeone ha rinunciato a spendersi e a proporre un’identità: e questo adesso i tifosi e i media glielo rimproverano. Anche se, a pensarci, non è da escludere che si sia trattato per così dire di una resa iniziale del tecnico, dovuta a una presa di coscienza. Se ne dà questa lettura, almeno a navigare nel gran mare del web. Era troppo più forte il rivale: non si spiegherebbe altrimenti l’atteggiamento dell’Atletico, improntato solo alla difesa.

È il bello del pallone, che confonde le idee e disegna sorrisi. E srotola notti opposte, sotto lo stesso cielo. Come ieri a Madrid.


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