Luis Enrique, un muro per proteggere la figlia Xana: così la malattia torna privata

Sabato 31 Agosto 2019 di Elena Marisol Brandolini
Luis Enrique, un muro per proteggere la figlia Xana: così la malattia torna privata

BARCELLONA «Nostra figlia Xana è morta questo pomeriggio all'età di nove anni dopo aver lottato durante cinque intensi mesi contro un osteosarcoma»: così l'ex-giocatore blaugrana ed ex-allenatore del Barcellona e della Roma, Luis Enrique, annunciava lo scorso giovedì il decesso della terza tra i suoi figli, colpita da un cancro alle ossa. E solo in quel momento, attraverso questo messaggio, si veniva a conoscere pubblicamente la ragione che aveva spinto il campione asturiano, nello scorso giugno, a rinunciare, dopo neppure un anno dal suo conferimento, all'incarico di allenatore della nazionale spagnola per motivi personali.

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IL SEGRETO
Un segreto che era stato ben custodito nell'ambiente del calcio e rispettato dai mezzi d'informazione spagnoli. Un modo diverso di vivere la sofferenza rispetto ai recenti casi di Mihajlovic e di Nadia Toffa.
Già prima, nel mese di marzo, il tecnico aveva dovuto abbandonare La Roja nelle ore precedenti una partita per la qualificazione agli europei di calcio del 2020, per correre dalla figlia malata; così pure, nel mese di giugno, gli era stato impossibile assistere personalmente ad altri incontri internazionali. Fino a quando, il 19 di quello stesso mese, aveva deciso di abdicare alla responsabilità di ct della selezione spagnola - il massimo nella carriera di un allenatore - sostituito nel ruolo dal suo secondo Robert Moreno, per potere accompagnare la sua bambina nell'ultimo tratto di vita. Facendo quello che qualunque genitore avrebbe fatto, o avrebbe voluto poter fare, in una situazione analoga.
E in questi mesi, la piccola Xana è stata protetta da occhi indiscreti e la sua tragedia rispettata da tutti, mantenendola nel riserbo e nell'intimità familiare.

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E nella più stretta riservatezza si terrà anche l'ultimo saluto alla piccola su richiesta della famiglia, che ringrazia per le manifestazioni di affetto e vicinanza ricevute in queste ore e per «la discrezione e comprensione» di cui è stata oggetto in questi ultimi mesi. «Tutto il nostro sostegno e affetto a Luis Enrique, a sua moglie e a tutta la sua famiglia in questo momento così doloroso. Tutti i barcellonisti soffrono la perdita di Xana»: questo il messaggio su twitter di Josep Maria Bartomeu, presidente del club blaugrana, dove il tecnico ha svolto la gran parte della sua carriera come giocatore e come allenatore di calcio. Ma la costernazione, quando si è diffusa la notizia, è stata comune a tutte le squadre nel mondo del calcio e più in generale dello sport, mentre sono arrivate espressioni di cordoglio dalla politica spagnola. Perché il quarantanovenne Luis Enrique è stato un giocatore di grande peso nella Liga - dal Real Sporting di Gijón, al Real Madrid, oltreché al Barcellona - e nella selezione spagnola, vincendo molti titoli. Eppoi, nella sua carriera di allenatore, ha varcato i confini nazionali diventando appunto il mister della Roma, prima di allenare la squadra del Celta di Vigo e quindi tornare a Barcellona, per firmare tre stagioni d'oro e il secondo triplete del Barça nel 2015, dopo quello di Pep Guardiola del 2009.

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LA FAMIGLIA
Riserbo e privacy in questa triste vicenda, come nel resto della vita per la famiglia di Luis Enrique e di Elena Cullell, sposati da oltre 20 anni. Si conobbero nel 1996 quando lei, appartenente alla buona borghesia catalana, era una hostess di terra e lui era stato appena ingaggiato dal Barça come calciatore. Insieme hanno avuto tre figli, Pacho di 20 anni, Sira di 18 e Xana di 9; i primi due molto versati in attività sportive, acquatiche lui equitazione lei, mentre di Xana si conservano le foto assieme al padre al Camp Nou, festeggiando la Champions del 2015. La famiglia, che vive a Gavà, nel Baix de Llobregat, vicino a Barcellona, ha sempre difeso gelosamente la propria intimità. Uno stile molto barcelonista a ben vedere, ma anche un'attitudine che è propria dell'essenza catalana. Anche per questo, la tragedia di questi mesi non è stata data in pasto al pubblico. Sicuramente è contato il fatto che si trattasse di una minore ad essere coinvolta in prima persona. Ma dicono anche che, in questo senso, abbia giocato positivamente la buona capacità di comunicazione della Federazione spagnola di calcio, che avrebbe scelto di informare off record i giornalisti sportivi di quanto stava avvenendo chiedendone il rispetto, piuttosto che far circolare voci incontrollate e alimentare una curiosità morbosa.
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Ultimo aggiornamento: 19 Novembre, 13:12
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