«Per ora». A restare impresso nel quasi-discorso alla nazione che Pier Silvio Berlusconi improvvisa presentando i palinsesti di Mediaset nel giorno in cui viene aperto il testamento di Silvio, è forse la più minima tra le locuzioni utilizzate dal secondogenito del Cavaliere.
Eppure per ora non sarà lui a riportare il cognome Berlusconi in politica. Non sarà lui cioè - al netto del brand che resterà sul simbolo finché necessario - a prendersi sulle spalle un partito, Forza Italia, che ovviamente lo accoglierebbe volentieri. «Se vuole scendere in politica ne siamo ben lieti - chiarisce Antonio Tajani, presidente pro-tempore degli azzurri e fedelissimo della famiglia Berlusconi - è una scelta sua».
LE MOTIVAZIONI
Pier Silvio però, in questa fase declina. «La politica è un mestiere serio che non si impara dall'oggi al domani» dice, infilando una dopo l'altra alcune delle riflessioni che lo hanno portato a frenarsi. Alcune con il sorriso sulle labbra - «Ho 54 anni e mio padre ne aveva 58» quando compì il grande salto - altre più emotive - «Nessuno mai potrà sostituirlo» - ma tutte, inevitabilmente, significative.Per di più, aggiunge, in questa fase «a mancare è la cosa più importante di tutte». L'equivalente di ciò che rappresentò Tangentopoli per papà Silvio. «Ad oggi non c'è nessuna emergenza - racconta - per la prima volta dopo tanti anni c'è un governo votato dagli elettori, che sta facendo del suo meglio». Al punto che il passaggio del discorso dedicato all'esecutivo si traduce in un endorsement a tutto tondo alla premier Meloni, confermando di fatto le voci che li raccontano in perfetta sintonia. «Con Giorgia ho un buon rapporto, la conosco da molti anni. È una persona che stimo personalmente, è giovane e decisa». Il tutto chiaramente senza dimenticare il ruolo che FI recita all'interno del governo. «Penso che debba e possa garantire stabilità al governo».
IL RICORDO
Durante la presentazione, prospettive personali e aziendali («Non vendo» e «L'ipotesi di una fusione con Rcs mi sembra un incastro spericolato, la mangeremmo») si mescolano ad un ricordo a cuore aperto. Prima dei dipendenti, con un nuovo video di ringraziamento per Silvio, e poi del figlio. «Più passano i giorni, più la mancanza è enorme», «è totale», sospira. «Ero in azienda quando è sceso in politica e ne sono stato travolto. Poi qui ho avuto la mia crescita naturale. Mi ricordo che una volta mi chiamò in cucina, c'era la mia agenda con tutti i miei appuntamenti, e mi disse: ma sei diventato me? È stato così grande da riuscire a dare ai suoi figli la possibilità di andare avanti senza di lui prima di quello che è successo».
Come telespettatore «era abbastanza assiduo: era fissato con i dettagli, la cravatta, la camicia, le luci, ma in termini editoriali erano anni che non interveniva», racconta ancora. Il suo lascito più grande però «è l'amore: mio padre ha amato tutte le persone che ha incontrato. È stato un padre impegnato ma presente e anche buono, tendente all'iperpermissivo», aggiunge con un sorriso. Anche se quando, da diciottenne che sognava di diventare Jacques Cousteau, se ne andò per sette mesi a fare il sub alle Bermuda, papà Silvio lo chiamava: «Quando ti decidi a tornare?». È stato «un uomo fantastico, di una dolcezza infinita. Quando gli ho chiesto l'ultimo consiglio - conclude - mi ha risposto: ma tu chiedi a me? Ormai Mediaset è molto più tua che mia, quello che decidi per me va bene». E Pier Silvio, per ora, una decisione sembra averla presa.