Andrea Purgatori è morto a 70 anni in un ospedale di Roma per una breve, fulminante malattia. Giornalista, sceneggiatore di film e fiction, autore, docente di sceneggiatura, Purgatori ha sempre mantenuto uno sguardo libero e aperto e tutta la sua carriera è stata attraversata dalla ricerca instancabile della verità dei fatti.
L'ultimo incontro
Paolo Graldi, editorialista e già direttore del Messaggero, ricorda così il suo amico: «Era un ricercatore di verità». Grande fumatore, Purgatori diventava «amava le stilettate dialettiche» e «creava empatia con chi lo ascoltava, imponeva l'attenzione sui temi che spiegava e il suo stile diceva: "Attenzione, qui non stiamo giocando"». Analitico, attento, geniale, «poteva leggere la pagina di un verbale ed era in grado di ripeterla un attimo dopo senza rileggerla».
Ma ancora, gli interrogativi sulla scomparsa di Purgatori continuano a rincorrersi. Graldi ricorda l'ultima volta che si sono visti, il 10 maggio scorso, in uno studio radiologico. «Non ha detto a nessuno di essere malato ma è scomparso, ha chiuso tutti i telefoni, ha spento tutte le relazioni e si è occupato di sé», ha raccontato il giornalista.
Le inchieste
Per anni ha lavorato per sollevare il muro di gomma sulla strage di Ustica, provando a squarciare il buio sulla vicenda del Dc-9 Itavia che si disintegrò e si inabissò il 27 giugno 1980, raccogliendo centinaia di testimonianze e indagando su tentativi di depistaggio, responsabilità, sospetti in grado di coinvolgere intelligence, Stati Uniti, Francia e Libia. La tigna nel ricostruire, porre domande, ascoltare, mettere insieme le tessere dei puzzle della storia italiana, Purgatori li ha prestati anche ai delitti di mafia e di terrorismo nazionale e internazionale, ai momenti clou nella vita della Repubblica: celebri le sue inchieste sul caso Moro, sugli anni di piombo, sulle stragi del 1982 e sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, che di recente lo aveva visto partecipare al documentario Vatican Girl, in onda su Netflix.