«In trappola, rassegnati a morire poi quel vigile ci ha salvato la vita»

Martedì 27 Aprile 2021
LA STORIA
TREVISO Fumo. Nelle narici, dentro la gola. Occhi appannati. La mano stretta in quella di sua figlia Sara. Angelo aveva fatto la sua scelta: non lasciarla sola. Stare con lei. Fino alla fine. Poi d'improvviso, pugni alla porta, si sente una voce. «Apra, apra, siamo qui. Vi portiamo in salvo». Angelo, 80 anni si interrompe, la voce è rotta. Guarda sua moglie Rosina, 81. Ricordare è insieme una pena e una liberazione. Lo hanno salvato per ultimo, insieme alla figlia disabile, nell'incendio che ha distrutto un appartamento al terzo piano del condominio di via Pennacchi 16. È vivo grazie alla forza e alla prontezza di un uomo, il vigile del fuoco Marco Bison. E ora chiede di incontrarlo. «È stato un eroe. Io e Sara eravamo rassegnati a morire tra le fiamme».
LA SCELTA
L'hanno trovato lì. In una stanza ormai densa di fumo nero. Con la porta chiusa e gli occhi negli occhi di sua figlia. Le teneva la mano, cercava di non farle capire cosa in realtà stava accadendo. Proprio sopra di loro le fiamme avevano invaso gli appartamenti. Tutti erano riusciti a mettersi in salvo. Per lui, padre ottantenne, era impossibile caricare a braccia la figlia allettata e fare due piani. «Non ci ho pensato un secondo: ho costretto mia moglie a scendere, e io sono rimasto qui con la piccola». Sara ha 48 anni. Affetta da sindrome di down, ha lottato tutta la vita insieme ai genitori per essere come gli altri. «Fino a quattro anni fa prendeva l'autobus, aveva una propria autonomia, lavorava per una cooperativa - riprende la madre - e con orgoglio diceva. Anch'io riesco a fare tutto. Come mia sorella». Poi il declino veloce: e da un anno ormai Sara vive a letto. Accudita con amore dai genitori. Sabato, come sempre, dopo pranzo, la mamma si era sdraiata insieme a lei per il riposino pomeridiano. «Abbiamo sentito uno strano trambusto, ma al momento non abbiamo dato particolare peso». Passano una manciata di minuti e dalla porta d'ingresso sale un fumo sempre più scuro. E acre. «La gola pizzicava, ma ancora non capivamo cosa succedesse. Allora mia moglie apre la porta e vede i vicini che si precipitano giù dalle scale. Fumo ovunque, e le scale sono scivolose perchè sono appena passati con gli idranti«Z. I vigili stanno cercando di sgombrare la palazzina, ma la signora Rosina si pianta all'ingresso. «Ho una figlia disabile, di qui non mi muovo». Attimi di panico, bisogna fare in fretta, decidere, agire. Ed è Angelo che prende in mano la situazione. «Ho detto a mia moglie di scendere immediatamente, l'ho affidata ad un pompiere. Io sono tornato in stanza dalla piccola. Ho chiuso la porta, ho cercato di avvicinare il letto ad un angolo. Ho fatto la mia scelta: non l'avrei mai lasciata sola. Saremmo stati insieme fino alla fine». Sono le 15,43. Dal cellulare parte una chiamata alla secondogenita, che vive a Fontane. «Sabina, tesoro, c'è stato un incidente. La mamma è in salvo, io resto con Sara. Ti voglio bene». La donna si precipita con l'auto davanti alla palazzina di via Pennacchi. «Io ero sotto il nostro condominio - trema ancora - cercavo di liberarmi, volevo tornare su dalla piccola e da mio marito. I vigili del fuoco mi ripetevano: pensi all'altra figlia, abbia fiducia, resti qui». Nel momento in cui vede la sua primogenita Sabina ha un crollo. «Chiudevo gli occhi e li vedevo tra le fiamme. Tutti erano stati portati in salvo. Tranne un uomo al quinto piano e loro due. Ma sapevo che Angelo non poteva riuscire a portare di sotto Sara. E sapevo che non l'avrebbe mai lasciata. Volevo essere con loro, avremo dovuto stare insieme fino alla fine».
LA SPERANZA
Poi però in mezzo alla nube di fumo, vede due braccia. E capisce. «Era Sara, portata in braccio in un modo che non dimenticherò mai. Con amore, con dedizione, con gentilezza. Quell'uomo meraviglioso aveva rischiato al sua vita per far vivere la mia piccola». Neppure il tempo di abbracciarla e accarezzarla su una barella che il vigile sparisce. «Mi aveva detto: lei stia qui e mi aspetti. Io ora torno a prenderla - riprende Angelo - ma a me bastava che salvasse Sara. È arrivato pochi minuti dopo, mi ha dato una sorta di casco trasparente mi ha fatto strada dicendomi, faccia con cautela, le scale sono scivolose. Ce la facciamo, sono qui io, si fidi di me». Quando anche Angelo ha visto la luce del sole, ha abbracciato la moglie e le due figlie. «Eravamo salvi, era tutto finito». I due anziani sono stati portati in ospedale a Oderzo per un controllo, mentre Sara ha trovato ospitalità al San Camillo, dove è curata e nutrita. «Ora nostra figlia ci ha trovato un b&b, ma il desiderio è quello di poter tornare presto a casa nostra. Chiederei però di poter incontrare l'uomo che ci ha salvato la vita, vorrei potergli stringere la mano e dirgli grazie per ciò che ha fatto per la nostra famiglia».
Elena Filini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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