Vicenza. Frode per 110 milioni con soldi riciclati tramite una banca abusiva cinese: sgominata organizzazione criminale, 13 arresti

Martedì 19 Marzo 2024 di Redazione Web
Riciclaggio

VICENZALa guardia di finanza di Vicenza ha eseguito un'operazione contro un'organizzazione criminale dedita al riciclaggio di denaro. 80 militari sono stati impegnati nell'operazione, con l'ausilio di un'unità cinofila e di un elicottero: sono stati emessi 13 ordini di custodia cautelare (8 in carcere e 5 ai domiciliari) ed è stato disposto il sequestro preventivo di beni per un valore di circa 1,5 milioni di euro.

Sono state eseguite perquisizioni presso le abitazioni e le aziende di 18 indagati nelle province di Vicenza, Venezia, Padova, Verona e Brescia. L'operazione ha permesso di ricostruire un sistema di riciclaggio di denaro che coinvolgeva almeno 556 "viaggi" per un totale di circa 110 milioni di euro.

Il denaro proveniva da frodi fiscali realizzate da società dedite al commercio di materiali ferrosi. Il denaro veniva inviato all'estero e poi retrocesso ai clienti italiani attraverso un "sportello bancario abusivo" della c.d. "China underground bank".

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L’operazione rappresenta l’epilogo di complesse investigazioni svolte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Vicenza, su delega della A.G. berica, che hanno consentito di disarticolare un’associazione per delinquere operante tra Vicenza, Padova, Verona, Brescia, Mantova, Milano, Prato, Chieti e Roma, con collegamenti in Germania, Slovenia e Repubblica Popolare Cinese, composta da 16 persone (3 vicentini, 9 bresciani, 2 cingalesi e 2 cinesi).

Il money mule vicentino

L’indagine è stata avviata dalle Fiamme Gialle grazie all’acquisizione sul territorio di informazioni nei confronti di un 51enne originario di Arzignano (Vicenza) sospettato di svolgere l’attività di “money mule o spallone” ovvero di trasportare contanti, frutto di frode fiscale, da e verso l’estero. I preliminari servizi di osservazione e pedinamento consentivano di monitorare frequenti viaggi in auto del soggetto verso la Slovenia, dove l’indagato si fermava per circa un’ora per poi far rientro in Italia. Attraverso le successive attività d’intercettazione telefonica, telematica e ambientale, lo svolgimento di indagini bancarie e riscontri operativi eseguiti nel Centro e Nord Italia, è stata ricostruita l’operatività dell’intero gruppo criminale, che aveva al vertice il citato arzignanese operativo nella piazza vicentina, coadiuvato da due coniugi di Gussago, operativi nella piazza bresciana, nonché da ulteriori 11 complici addetti al trasporto del denaro contante.

Come venivano portati i soldi all'estero?

Secondo le ricostruzioni degli investigatori, i contanti trasportati dall’estero verso l’Italia e viceversa in appena un anno e mezzo, attraverso ben 556 “viaggi”, ammontano a circa 110 milioni di euro provenienti da frodi fiscali realizzate da società dedite prevalentemente al commercio di materiali ferrosi.

Le due società cartiere

In particolare, attraverso due società “cartiere” con sede rispettivamente a Brescia e a Roma, venivano emesse fatture false volte a dare copertura documentale agli acquisti in nero effettuati da 25 società clienti con sedi nelle province di Vicenza, Verona, Rovigo, Brescia, Mantova, Bolzano, Alessandria, Roma, Milano e Torino. I clienti saldavano le fatture false attraverso bonifici ai “fornitori/cartiere”, i quali a loro volta bonificavano il denaro ricevuto a favore di società estere, veri e propri punti nodali dell’attività di riciclaggio, ovvero una società di Honk Kong e una società belga. Il denaro inviato all’estero veniva successivamente retrocesso ai clienti italiani – al netto delle commissioni medie spettanti all’organizzazione pari circa all’1,5% delle somme movimentate – attraverso l’utilizzo di uno “sportello bancario abusivo” della “China underground bank”, ovvero di quello che viene ritenuto un vero e proprio “circuito bancario informale e segreto” con numerose “filiali” sparse sul territorio nazionale, sospettato di muovere ingentissime quantità di denaro verso la Cina offrendo servizi speciali per clienti speciali.

Lo sportello bancario abusivo gestito da un 38enne

Si tratta di un sistema composto da “operatori” cinesi che inviano soldi in madrepatria, frutto di riciclaggio ed evasione, anche di somme provenienti dalla stessa “economia illegale” cinese in Italia. Questo “sportello bancario abusivo” è risultato gestito da un 38enne cittadino cinese, residente a Vigonovo (Venezia) ma formalmente impiegato presso una ditta all’interno del “Centro Ingrosso Cina” di Padova, vero e proprio perno della retrocessione del denaro, che organizzava la consegna del contante ai “money mules/spalloni” in varie località d’Italia (Padova, Prato, Mantova, Milano, Chieti e Roma), nonché all’estero (Slovenia e Germania).

Chat criptate

I contatti con l’intermediario cinese venivano tenuti esclusivamente dai vertici dell’organizzazione, il 51enne arzignanese e i due coniugi di Gussago (BS), anche attraverso le chat criptate “Telegram”, “Signal”, “DingTalk” e “WeChat”, analizzate dagli esperti Computer Forensics e Data Analysis del Corpo, dalle quali sono stati ricostruiti i viaggi compiuti dal sodalizio criminoso in Italia e all’estero per ritirare i contanti da retrocedere alle società clienti che beneficiavano della frode fiscale.

A tal proposito, l’organizzazione utilizzava diversi metodi di riconoscimento per garantire il buon fine della retrocessione dei contanti: - nel caso più semplice, i vertici del sodalizio inviavano al soggetto cinese che doveva consegnare il denaro agli spalloni il numero di targa o la foto dell’auto che avrebbe utilizzato il loro complice incaricato di ritirare i contanti; - in alternativa, veniva utilizzato il numero seriale di una banconota quale “codice identificativo” o “token” che lo spallone doveva mostrare al soggetto cinese per confermare la propria autorizzazione al ritiro del contante.

Le squadre per trasportare il denaro

Per il trasporto in sicurezza del denaro, i vertici del sodalizio costituivano squadre ad hoc composte in genere da due o più autovetture, prese a noleggio, ciascuna guidata da un singolo spallone. La prima autovettura costituiva la c.d. “staffetta” che doveva anticipare la seconda auto – in cui veniva trasportato il denaro contante – con il precipuo compito di andare in avanscoperta e avvisare per tempo della eventuale presenza in strada di auto o personale delle FF.OO., suggerendo se del caso di cambiare itinerario.

Al fine di dare puntuale riscontro alle ipotesi investigative, gli investigatori del Nucleo p.e.f. Vicenza, rispettivamente nei mesi di giugno e luglio 2022, hanno: - operato, attivando i finanzieri del Gruppo Prato, un controllo su strada nei confronti di uno spallone 58enne di Lonigo (Vicenza), con il rinvenimento e sequestro di circa 140.000,00 euro in contanti riposti in una busta nascosta nel bagagliaio sotto la ruota di scorta; - eseguito una perquisizione domiciliare, con l’ausilio di un’unità cinofila “cash dog” della Compagnia di Orio al Serio (BG), presso l’abitazione a Chiampo (Vicenza) del principale referente della piazza vicentina, rinvenendo e sequestrando, tra le altre cose, 84.000,00 euro in contanti e uno smartphone contenente una vera e propria “contabilità” dei viaggi organizzati e delle movimentazioni di denaro contante di provenienza illecita.

Infine, nel corso delle indagini è emerso che uno degli spalloni, un 57enne originario di Chiampo (Vicenza), ha illecitamente percepito il sussidio di disoccupazione (NASPI) per oltre 5.600,00 euro, visto che non solo percepiva i proventi dell’attività di “money mule” (per ogni singolo viaggio uno spallone percepiva un minimo di 400,00 euro al netto del rimborso di tutte le spese sostenute per il viaggio ovvero pedaggi autostradali, benzina, ristoranti, etc.) ma anche lavorava presso un’azienda operante nel distretto della concia.

Le accuse

I 16 membri del sodalizio criminoso, 13 dei quali arrestati in queste ore, dovranno rispondere di ben 556 episodi di riciclaggio e autoriciclaggio di denaro, per un totale di circa 110.000.000,00 euro movimentati dall’organizzazione nel periodo novembre 2020-giugno 2022. Tre indagati bresciani, un 50enne, un 55enne e un 65enne, dovranno anche rispondere, quali amministratori di fatto o di diritto delle due società “cartiere”, del reato di emissione di fatture false. Le Fiamme Gialle beriche stanno, inoltre, completando il sequestro preventivo disposto dal Tribunale di Vicenza sui compensi e sulle provvigioni percepite dall’organizzazione per l’attività di riciclaggio, quantificati in oltre 1.500.000,00. 

Ultimo aggiornamento: 20 Marzo, 10:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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