Giovanni Leoni è il presidente dell'Ordine dei medici chirurghi ed odontoiatri della provincia di Venezia ed è il numero due della Federazione nazionale.
Dal 2019 al 2022 le impegnative sono aumentate di quasi 4 milioni. I veneti stanno sempre più male? O sono suggestionati da "dottor Google"? Oppure si tratta di prescrizioni inappropriate da parte dei medici?
«Sicuramente la pandemia ha aumentato in maniera importante il livello di coscienza della salute di tutti noi. È poi ben possibile che ci sia un'influenza di patologie legate al long Covid, soprattutto a livello respiratorio, cardiologico e neurologico, per cui sono necessarie più cure, quindi ulteriori visite ed esami. Quanto all'inappropriatezza delle prescrizioni, è un problema scientifico che deve essere affrontato senza tirarsi indietro, perché fa parte del patrimonio culturale di tutti i medici sia del territorio che dell'ospedale, visto che alla fine ci ritroviamo nello stesso collo di bottiglia».
Ce lo descrive?
«Chi fa la prescrizione, è il medico di medicina generale, ma anche lo specialista ospedaliero che durante la visita indica la necessità di un approfondimento diagnostico. In capo al prescrittore sta la responsabilità della priorità giusta, ma anche la problematica del ritardo diagnostico. Il punto è che i tempi di esecuzione vengono indicati dalle Società scientifiche sulla base di motivazioni cliniche, ma il loro rispetto cozza con la disponibilità di personale e di strutture. Il problema per la sanità pubblica è rilevante, perché nella realtà di tutti i giorni constatiamo che quasi il 50% dei pazienti ha l'esenzione del ticket per reddito, invalidità civile o patologia, per cui si tratta tendenzialmente di persone anziane che non possono pagarsi le prestazioni di tasca propria».
Oltre all'arretrato causato dal Covid, va fronteggiata anche l'oggettiva carenza di specialisti. Come se ne esce?
«Bisogna valorizzare il lavoro del medico, soprattutto per le specializzazioni più dure come Medicina d'emergenza-urgenza o Anestesia e rianimazione, ma anche Pediatria, Ginecologia, Radiologia. È necessario far tornare attrattivo il Servizio sanitario nazionale, per evitare che i giovani vadano all'estero dove guadagnano da 2 a 3 volte di più. È imbarazzante la differenza di retribuzione fra i medici italiani e i colleghi europei, ma anche fra i dipendenti delle strutture pubbliche e i professionisti che lavorano nei centri privati».
Come valuta il Piano di recupero della Regione?
«Molto positivamente. Il rammarico è che l'emergenza del personale era ampiamente prevista: sono anni che, come Ordine e come sindacati, chiediamo alla politica di favorire la formazione. La sanità pubblica non è un costo da tagliare sistematicamente, ma un investimento, oltre che l'indicatore per eccellenza del grado di civiltà di una nazione».