Le urla del figlio, la camicia stirata
Il dramma delle famiglie dei 4 morti
Giovedì i funerali tutti assieme

Lunedì 4 Agosto 2014
Le 4 vittime
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REFRONTOLO - Dietro le quattro vittime c'è lo strazio delle loro famiglie e di come hanno saputo dei loro cari defunti sotto la devastante mole di acqua e fango fuoriuscita dal torrente Lierza. I funerali saranno giovedì alle 15 in forma congiunta nella chiesa di Pieve di Soligo e sarà lutto in tutto il Veneto come voluto dal presidente Zaia.

MAURIZIO LOT (Operaio)

Hanno sperato. Hanno voluto credere con tutte le loro forze che quella mancanza di notizie, quell'essere classificato come «disperso» fosse, in fin dei conti, un segnale positivo. Almeno una flebile possibilità di vederlo tornare magari ammaccato ma salvo, sarebbe rimasta accesa. Invece nel cuore della notte, quando l'immane tragedia del Molinetto della Croda cominciava a prendere forma in tutta la sua crudeltà, la conferma di una verità che tutti nel loro intimo conoscevano già è arrivata implacabile: Maurizio Lot, 52 anni, era stato inghiottito dall'onda nera.

Non ha avuto scampo. È stato trascinato via dalla furia dell'acqua e del fango. I soccorritori hanno anche provato a prenderlo strappandolo alle acque mentre chiedeva aiuto, ma lo sforzo è stato inutile. Lo hanno ritrovato senza vita a cento metri dal piazzale dello stand dove, fino a qualche minuto prima, stava allegramente festeggiando la Festa degli Uomini. In paese il dolore per la sua scomparsa si è aggiunto a quello per il disastro: era uno dei collaboratori più attivi della Pro Loco, lavorava come operaio in un'azienda di Follina specializzata in resistenze elettriche. Maurizio lascia le due figlie Fulvia e Veronica.

LUCIANO STELLA (Gommista)

È arrivato di corsa. Tutto vestito di nero. «Fatemi passare, lì dentro c’è mio padre». Alberto, figlio maggiore di Luciano Stella, ancora non sapeva della tragedia che si era già consumata. È passato al blocco dei carabinieri. È andato oltre. Con lui un amico. Appoggiato alla staccionata, di fronte a quella tenda allestita sulla ghiaia e trasformata in cella mortuaria, ha aspettato che la sua speranza venisse colmata. Dall’altra parte della strada il dolore sordo e composto della sorella Laura. «Voglio sapere dov’è mio padre». «Lo stanno cercando....». Domande, risposte. Parole dove appendere l’ultima illusione. Hanno atteso così i ragazzi. Sospesi tra la disperanzione e la fiducia. Poi l’abbraccio con la madre Lorella Da Ros si è sciolto in pianto straziante, che ha squarciato il silenzio dell’alba. Ogni speranza era stata infranta. Quello che era stato un marito per trent’anni e un padre adorabile non sarebbe mai più tornato. Era morto. Trascinato a valle dalla furia dell’acqua e del fango che lo hanno prima fatto cadere a terra, poi ricoperto e spazzato via assieme ad auto, teloni, altre persone che cercavano di aggrapparsi a qualcosa per rimanere a galla. Nulla, non rimaneva più nulla. Solo quel pianto cui nessuno poteva dare sollievo. Titolare insieme alla moglie della "Stella Commerciale", azienda che aveva creato 25 anni fa, Luciano era uno dei gommisti più conosciuti e apprezzati del Quartier del Piave. Una passione che aveva trasmesso anche al figlio, che aveva iniziato già da qualche anno a lavorare con lui. Persona schiva e riservata, Luciano ha dedicato la sua vita al lavoro e alla sua famiglia.

GIANNINO BREDA (ex falegname)

Teneva molto a quella festa e per questa ragione, sabato pomeriggio, aveva incitato la moglie a stirargli in fretta la camicia perché non voleva arrivare tardi. Non sapeva che proprio in quel luogo un destino crudele gli avrebbe teso un agguato mortale.

Poi si era accordato per prendere la macchina del figlio: si era messo al volante dell'auto ed aveva raggiunto il Molinetto della Croda, percorrendo una decina di chilometri. Il luogo maledetto dove si è consumata la tragedia.

Giannino Breda, 67 anni, ex falegname in pensione, non poteva immaginare quello che il destino gli avrebbe riservato. Quando l'emergenza è cominciata, quando il pensionato ha visto che l'acqua aveva iniziato a entrare nel capannone, prima costringendo tutti a salire sopra le panchine e poi a scappare, ha detto alla compagnia di amici che doveva andare a controllare l'auto del figlio: «Non vorrei -ha esclamato- che con tutta quest'acqua si rovinasse». Sono queste le parole che i suoi amici hanno sentito prima di osservarlo allontanarsi. Non lo hanno più visto perché Giannino, poco dopo, è stato inghiottito dalla massa d'acqua e fango del torrente Lierza. Parole che gli amici hanno riferito alla moglie e al figlio che da mezzanotte hanno piantonato l'area della tragedia in trepidante attesa per avere notizie di Giannino. Un incubo che qualche ora più tardi si è trasformato in uno strazio senza fine.

Un dolore composto quello della famiglia Breda. La moglie si trovava fuori casa quando è stata raggiunta dalla telefonata che la informava della catastrofe, della piena improvvisa e micidiale del Lierza che aveva travolto tutto. In pochi istanti la donna ha raggiunto il Mulinetto della Croda sperando che il marito si fosse solo allontanato e avesse trovato riparo altrove. Invece dopo qualche ora i timori si sono trasformati nella più crudele delle realtà. Giannino era morto.

FABRIZIO BORTOLIN (disegnatore)

Non si danno pace i familiari di Fabrizio Bortolin, il 47enne di Santa Lucia di Piave, una delle quattro vittime della tragedia di Refrontolo. Quella di sabato sera era una delle sue poche uscite con gli amici. Un crudele gioco del destino ha voluto che gli sia risultata fatale.

Fabrizio, che avrebbe compiuto 48 anni a novembre, era un apprezzato disegnatore. Era capo ufficio tecnico alla HT di Susegana che si occupa di resistenze elettriche. Una vita tranquilla, che poggiava sull’affetto per la moglie Michela Biz Da Re e la figlioletta Valentina di una anno e mezzo. Sabato sera tutto è stato improvvisamente travolto e cancellato dalla piena killer del Lierza. E ora è solo smarrimento e disperazione. Un dolore contenuto da una grande dignità quello che accompagna, parola dopo parola, il racconto del fratello Daniele. «Fabrizio era stato invitato dal compare Fabio alla cena degli uomini, una festa privata alla quale dovevano partecipare anche degli amici. Vi si era recato con l’auto della moglie». Michela era tranquilla. Sapeva dove si trovava il marito e ne attendeva il rientro. Ma all’una e mezzo è arrivata la chiamata di Fabio che ha fatto precipitare i familiari in un incubo. «Mi ha detto che non trovavano più Fabrizio -spiega Daniele- Agitatissimo sono salito in auto e sono corso a Refrontolo».

In mezzo a quella baraonda chiede notizie ai carabinieri. Ma non se ne sapevano nulla. Il brutto presentimento iniziava pian piano a prendere corpo. Restava però un filo di speranza cui aggrapparsi. Ancora il fratello: «Forse era ferito. Ho così iniziato la ricerca negli ospedali di Conegliano, Vittorio Veneto e Treviso». Sono passate altre due ore di angosciosa attesa, appese a una speranza sempre più esile. La sconvolgente verità sarebbe arrivata di lì a poco: la telefonata con la quale si annunciava alla famiglia la morte di Fabrizio. «I suoi amici mi hanno spiegato che a causa della pioggia la festa è stata spostata da Falzè a Refrontolo: la tragedia è accaduta proprio dove non doveva succedere». Ha le lacrime agli occhi Michela e il volto provato di chi ha passato la notte telefonando negli ospedali e sperando che non fosse successo nulla al suo Fabrizio. Alle 4 ha squillato il campanello e il mondo le è crollato addosso. «Ecco la sua vespa -dice Michela sollevando un telo in garage- Era un grande appassionato di due ruote, giravamo assieme partecipando ai raduni fino a quando, 20 mesi fa, è nata nostra figlia Valentina. «La bimba non mi ha ancora chiesto niente del papà. Eravamo innamorati. Tutto questo è assurdo».

Ultimo aggiornamento: 19:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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