Invia foto intime a una ragazzina, 27enne assolto, non era un adescatore

Sabato 25 Gennaio 2020 di Cristina Antonutti
Ventisettenne assolto dall'accusa di essere un adescatore: aveva inviato foto intime a una tredicenne
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PORDENONE Aveva 27 anni, si trovava a Rive d’Arcano, quando sull’applicazione WeChat viene contattato da una sconosciuta che abitava in zona. L’approccio prende subito una piega a sfondo sessuale: lei gli invia delle fotografie intime e chiede di ricambiare. Dopo due giorni di messaggi, tutto finisce.

Quattro anni dopo il giovane si ritrova indagato per adescamento di minore e detenzione di materiale pornografico in relazione alle foto ricevute. La sconosciuta, infatti, aveva soltanto 13 anni. Si era scaricata sul telefonino WeChat, un’applicazione che permette di contattare le persone che si trovano nelle vicinanze e usano la stessa App. In questo modo il 26 maggio 2014 ha intercettato il 27enne della provincia di Pordenone. Processato a Trieste (i reati sono di competenza della Dda perchè commessi con dispositivi informatici), è stato giudicato nell’udienza del gup Guido Patriarchi con rito abbreviato. Il pm Massimo De Bortoli ha chiesto 1 anno e 8 mesi di reclusione, ma il giudice non è stato dello stesso avviso e ha assolto l’imputato perchè il fatto non costituisce reato.

LA DENUNCIA
«Per lui è finito un incubo», spiegano gli avvocati Antonio Raffo ed Enrico Cleopazzo. Il processo continua, invece, per altri due coimputati, sempre giovani della provincia di Pordenone che erano stati contattati con lo stesso sistema: WeChat. Non hanno scelto riti alternativi e sono stati rinviati a giudizio. Il processo comincerà a maggio in Tribunale a Udine. A rivolgersi alle forze dell’ordine era stata la madre della 13enne. Aveva controllato il telefonino della figlia scoprendo conversazioni hot e fotografie di maschi nudi. Aveva subito preso provvedimenti (al processo non si è costituita parte civile).
IL PROCESSO
Quello che è successo al 27enne della provincia di Pordenone potrebbe capitare a chiunque. Internet e chat possono nascondere delle trappole pericolosissime. Le accuse erano pesanti, ma la difesa ha dimostrato che non era stato l’imputato ad adescare la minorenne. Che non si era spacciato per una persona inesistente e non aveva chiesto fotografie osè alla ragazzina. «Era stata lei a proporsi - spiega l’avvocato Cleopazzo - e a inviare le fotografie. Fotografie da cui era impossibile immaginare che l’interlocutrice avesse soltanto 13 anni. In due giorni si erano scambiati una ventina di messaggi, non avevano mai parlato delle rispettive età e non si erano mai incontrati». Anche gli altri due coimputati erano caduti nello stesso tranello. Nel loro caso c’era stata anche una richiesta di incontro, circostanza che dovranno chiarire al dibattimento che si aprirà a Udine tra qualche mese.
Ultimo aggiornamento: 08:26
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