PORDENONE - Una badante ucraina è stata condannata a due anni e sei mesi di reclusione per abbandono di incapace. Una pena severa quella inflitta ieri dal giudice monocratico Milena Granata, quasi un monito per coloro che assistono persone fragili, sofferenti o la cui mente annebbiata impedisce anche il più banale dei gesti quotidiani.
A Tamara Uzheiko, 60 anni, una famiglia di Pordenone aveva affidato un’anziana che non era più in grado di provvedere a se stessa e aveva bisogno di assistenza 24 ore su 24.
IL CASO
Tamara Uzheiko, difesa d’ufficio, non si è mai presentata in udienza. Con i parenti - come è emerso dalle loro sofferte testimonianze - si è sempre giustificata sostenendo che «così vuole» l’anziana. Che non spettava a lei accertarsi che portasse apparecchio acustico e dentiera o che avesse mangiato (l’ultranovantenne non era più in grado di mangiare da sola). Andava a dormire vestita, truccata e con i gioielli addosso? «Così lei vuole», era la risposta. La badante a mano a mano che i mesi passavano si disinteressava e lasciava la 95enne nell’incuria. Non rispettava nemmeno le indicazioni che le venivano date dalla famiglia, come la prudenza di chiudere le porte a chiave, per evitare che uscisse e cadesse scendendo una scalinata di una ventina di scalini. «Le lasciavamo dei biglietti con dei promemoria», ha ricordato la nipote. Ma la badante li buttava via.
A febbraio 2017 trovarono l’anziana con una profonda ferita sulla fronte: non fu mai chiarito come se la fosse procurata. E il 13 agosto furono costretti a ricoverarla in ospedale perché era disidrata e malnutrita. A quel punto l’anziana fu portata in una casa di riporto. Era il 16 agosto, la badante fu licenziata, ma rimase comunque nella casa. Il 22 agosto fu chiesto l’intervento della Polizia di Stato affinché fosse allontanata, un intervento inutile, perché rimase comunque nell’abitazione fino a novembre.
La famiglia della 95enne, che nel frattempo è mancata, non si è costituita parte civile al processo, non c’era alcun intento di rincorrere risarcimenti. «Abbiamo fatto un esposto - ha spiegato la nipote mentre aspettava la lettura della sentenza - perché non vogliamo che ad altre persone possa succedere quello che è capitato a noi».