Padova. Il bunker dei veleni del Venda
fa un'altra vittima: 33esimo militare morto

Martedì 13 Aprile 2010 di Lucio Piva
L'entrata della base sul monte Venda (Candid Camera)
PADOVA (13 aprile) - C’ una nuova vittima del bunker dei veleni, scavato nelle viscere dei Colli Euganei. Il maresciallo Giacomo Mentil, 62 anni, da cinque anni in pensione dopo un’intera vita lavorativa passata all’interno della galleria del 1. Roc (Regional Operations Centre) del Monte Venda, è il trentatreesimo nome nella lista dei decessi causati da tumore ai polmoni. Ha lasciato, nella mattinata di domenica, la moglie ed un figlio. E ha smesso di lottare contro un male che non gli ha lasciato scampo, sfilandosi dal drappello di altri 7 sottufficiali dell’Aeronautica, che dopo decenni di lavoro, hanno condiviso con lui, dopo la pensione, mesi febbrili di esami e terapie all’Istituto oncologico di Padova.



Il maresciallo Mentil era entrato da allievo alla base del Venda. Ed era uscito, prima del congedo, con il grado di sottufficiale addetto alla difesa aerea. Una vita intera dedicata all’Aeronautica. Rispettosa dei principi di obbedienza, lealtà e fedeltà alla divisa che aveva portato con orgoglio ed onore. Forse per questo, ai primi e terribili riscontri della malattia, si era chiuso in un doloroso riserbo. «Non ne parlava - raccontano i suoi ex colleghi della sezione aponense dell’Unione nazionale sottufficiali Italiani – per un senso di pudore e di riservatezza che l’aveva contraddistinto in tutta la carriera alla dipendenze dell’Aeronautica».



Un cinico gioco del caso, ha voluto che la notizia della morte del maresciallo Mentil, arrivasse, nella stessa mattinata di domenica, ai colleghi della sezione impegnati in riunione. Spegnendo sul nascere l’entusiasmo con cui i sottufficiali in congedo ed alcuni ancora in attività avevano accolto, fra gli applausi, la volontà del presidente della Camera, Gianfranco Fini, di trasmettere in via d’urgenza alla commissione parlamentare il dossier sulle morti del Venda, collegato alla richiesta di riconoscimento delle cause di servizio. La telefonata del figlio del maresciallo Mentil, poco dopo che il padre si era spento all’ospedale di Padova, ha avuto un effetto lacerante specie per coloro che da anni combattono contro quel male che li ha colpiti praticamente dal giorno in cui hanno smesso la divisa. «Non so come andare a casa e dire a mia moglie – ha sussurrato con commozione Sergio Proietti, altro sottufficiale in cura al centro oncologico padovano – che Giacomo non c’è più».



L’Unione sottufficiali non vuole però arrendersi. Domani alle 15, nella chiesa di Giarre, darà l’ultimo saluto al proprio collega. Ma dal giorno successivo tornerà a bussare alla porta delle Istituzioni con voce ancor più irrobustita dalla preoccupazione. «Siamo decisi – ha detto il presidente della sezione, Leone Grazzini – a chiedere un’audizione al ministro della Difesa, Ignazio La Russa, e al Cocer Interforze. Vogliamo che siano messe in atto tutte le forme di prevenzione per il personale in pensione e per quello in servizio. Ci preoccupano le sorti di quanti si sono congedati ed ora vivono in altre parti d’Italia. Ignari, magari, delle patologie che possono aver contratto». Vogliono insomma giustizia e speranza per quanti convivono da anni con l’incubo del radon e dell’amianto che hanno probabilmente respirato nelle condotte imbottite di eternit delle viscere del Venda. Quando la parola prevenzione non apparteneva al vocabolario della Forze Armate.



«Non abbiamo mai sentito la soddisfazione nella ricerca di un colpevole – ha concluso Grazzini – ma la lista dei militari deceduti è troppo lunga per continuare ad ignorare il riconoscimento dei risarcimenti economici alle vedove e ai figli di quanti continuarono ad indossare, anche in condizioni a rischio, una divisa».
Ultimo aggiornamento: 14 Aprile, 16:56

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