Padova. Morta nell'incendio, la figlia: «Di mamma e papà resta solo un cumulo di macerie»

Una delle figlie era al telefono con la mamma quando è scoppiato l'incendio. Le ha detto di chiudersi in bagno e ha chiamato i pompieri

Venerdì 27 Gennaio 2023 di Marina Lucchin
Cosa resta dopo l'incendio in via Bajardi

PADOVA - Non ci sono più i suoni delle sirene e i bagliori blu dei lampeggianti che illuminano a tratti la notte, mentre gli abitanti del condominio, infreddoliti e disorientati, con una coperta sulle spalle, guardano insù verso il sesto piano, dove i pompieri dalle finestre dell'abitazione andata a fuoco, gettano tutto ciò che può incendiarsi.

Ieri mattina, davanti al palazzone al civico 47 di via Bajardi, c'era solo desolazione e un cumulo di macerie, tra la stradina coi parcheggi e l'aiuola che la separa dal vialone che attraversa Mortise.

La desolazione del giorno dopo

L'odore di bruciato permea ancora l'aria e tra i detriti che ci sono in strada, vaga una delle figlie di Angelina Rosa Favero, l'83enne vittima dell'incendio della sua abitazione. A ucciderla non sono state le fiamme, ma il monossido di carbonio che è penetrato nel bagno dove si era rifugiata con una coperta sopra la testa, in attesa dei soccorsi. Ha perso i sensi e si è addormentata per sempre. Quando i pompieri l'hanno portata fuori è stata affidata ai sanitari del Suem che hanno provato per lunghissimi minuti a rianimarla, senza risultato. L'intossicazione era troppo acuta e non le ha lasciato scampo. La figlia Marta, con gli occhi consumati dalle lacrime e da una notte insonne, e lo sguardo perso in quella desolazione, cerca tra i detriti qualcosa che si possa salvare. Pezzi di mobile anneriti dalla combustione, maglie, maglioni e vestiti alcuni dei quali ancora ben piegati dalle amorevoli mani della sua mamma, fotografie che erano poggiate sui ripiani, libri e fogli di giornale. Una vecchia rivista di cucina, con uno speciale sulle ricette per gli spaghetti. Tutto finito in strada dal sesto piano, gettato dai pompieri che, come si dice in gergo tecnico, smssavano l'appartamento per evitare che una volta spento il rogo, le fiamme riprendano vigore da qualche focolaio nascosto sotto le macerie. Non c'era tempo per la delicatezza. Era un'emergenza: da una parte i colleghi tentavano di portare in salvo l'anziana. Dall'altra altri vigili del fuoco accompagnavano giù dalle scale i condomini per evacuare gli ultimi tre piani del palazzo. Da giù con le autopompe si sparava acqua a non finire per scongiurare che il fuoco invadesse altri appartamenti.

L'ultima telefonata

Del panico dell'altra sera resta solo un lontano eco e i ricordi di una vita, bruciacchiati e bagnati, finiti fuori dalla finestra. «Mi hanno detto di venire qui a vedere se c'è qualcosa di buono da salvare» ci spiega Marta con l'espressione di chi ha esaurito tutte le lacrime in poche ore. Sì, perché non c'è solo il dolore per la perdita della madre, non solo l'orrore per come è morta e lo choc di non averla nemmeno potuta salutare un'ultima volta. No. Per le figlie di Angelina - Marta e Silvia - quello di mercoledì notte, è il secondo grave lutto familiare nel giro di quattro mesi. «A settembre è morto anche il nostro papà, Secondo - continua Marta - e ora dell'appartamento in cui siamo cresciute non restano che macerie».
«Da quando papà se n'è andato, io e mia sorella ogni sera chiamavamo mamma per sapere come stava. Ieri sera (mercoledì, ndr) le ha telefonato Silvia. Era tutto a posto finché mamma non le ha detto che qualcosa ha preso fuoco. Qualche momento di agitazione, e poi le ha consigliato di chiudersi in bagno, mentre lei chiamava i pompieri e si precipitava qui. Troppo tardi, mamma se n'era già andata».

Chi era Angelina

Angelina Rosa, 83 anni, in gioventù ha lavorato come parrucchiera. Quando si è sposata con il marito Secondo per un certo periodo ha vissuto in centro dove sono nate le due figlie. Poi la famiglia ha ottenuto l'appartamento del Comune in via Bajardi. «È stata la casa della mia infanzia» racconta inconsolabile Marta, mentre continua a cercare con gli occhi, in quel cumulo di macerie, qualcosa che si possa salvare. Qualcosa che possa ricordarle la mamma. Qualcosa che il fuoco, prima, e l'acqua degli idranti, poi, non abbia distrutto o danneggiato. Qualcosa da poter portare con sé, una briciola di quel passato felice, assieme ai genitori, nell'appartamento in cui lei e la sorella sono cresciute. Ma di prezioso, anche solo dal punto di vista sentimentale, resta ben poco. Tante sportine di carta che mamma teneva nella credenza dell'ingresso, un beauty case verde e blu, la base di un tavolinetto da tè consumato dalle fiamme. E due occhi smarriti, che vagano senza posa su quel cumulo di detriti, che raccontano di una vita che non tornerà mai più.

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Ultimo aggiornamento: 12:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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