L’ombra dell’escalation si estende sul Libano.
Soleimani, chi era il “ladro di capre” diventato generale e braccio armato di Khamenei
Nessun dialogo
Certo, i tentativi di dialogo fra Hezbollah e Israele non funzionano. A metà dicembre Gerusalemme si era detta aperta a un accordo politico per la creazione di una zona sicura lungo il confine fra i due paesi, con certe garanzie. Ma dopo essersi rifiutato di evacuare volontariamente l’area di confine, Hezbollah aveva iniziato a mobilitare le sue forze a sud del fiume Litani in preparazione a un confronto armato che, secondo il Comandante del Fronte Interno israeliano, il generale maggiore Milo, era diventato «inevitabile». Del resto, per una parte dell’establishment militare e politico dello Stato ebraico, questa non è una guerra solo per Gaza, ma il primo passo di un progetto più ampio che dovrebbe emancipare Israele dallo stato di emergenza permanente, scoraggiando i principali nemici della regione, a partire dall’Iran e dai suoi proxies, dal generare nuove minacce alla sua esistenza. In questo senso, sono ben note le pressioni del ministro della Difesa Gallant, che dopo il 7 ottobre aveva suggerito a Netanyahu un attacco preventivo contro il Partito di Dio libanese. E, tuttavia, secondo la stampa americana, anche allora la Casa Bianca era riuscita a convincere Netanyahu ad annullare un assalto aereo pianificato per l’11 ottobre contro Hezbollah.
La strategia
Al di là delle provocazioni, sarebbe nell’interesse del governo israeliano non dare fuoco alle polveri. È di questo avviso il ministro degli Esteri turco Fidan: «Penso che gli israeliani si stiano sforzando per cercare di non entrare in guerra con il Libano». Sembrerebbe confermarlo il consigliere di Netanyahu, Mark Regev, che, in riferimento all’uccisione di Al-Arouri, ha dichiarato: «Israele non ha rivendicato la responsabilità per questo attacco. Ma, chiunque l’abbia fatto, non si tratta di un attacco allo Stato libanese né all’organizzazione terroristica Hezbollah. È un attacco ad Hamas, questo è molto chiaro». Intanto, la prima vittima del peggioramento delle tensioni è il colloquio fra Israele e Hamas mediato dall’Egitto per un secondo scambio fra ostaggi israeliani e detenuti palestinesi. Hamas ha congelato i negoziati per il cessate il fuoco «fino a nuovo avviso» e il Cairo ha informato Gerusalemme di aver sospeso il suo ruolo di intermediario nelle trattative.