Spioni di Stato e macchine del fango: il dovere di interrogarci sul ruolo dei giornalisti

Venerdì 8 Marzo 2024

Caro direttore,
leggo sul Gazzettino: "Salvini: Migliaia di spiati, stile sovietico". Lei si sente di dare una risposta?

Giuseppe Piovesan
Oderzo (Tv)


Caro lettore,
non so se lo stile con cui operavano gli autori e i divulgatori dei dossier su uomini politici e vip sia sovietico o di italica memoria. Ma l'aggettivo da usare per definire questa incredibile attività di spionaggio mi sembra davvero un aspetto marginale. Ciò che lascia stupiti è l'estensione del fenomeno (ben oltre un migliaio di persone), il fatto che sia proseguito impunemente per anni e che avvenisse nell'ambito di un'istituzione, la direzione nazionale antimafia, che i cittadini dovrebbe proteggerli non spiarli per ordire ricatti, manovre di delegittimazione o curare affari personali.
Un fatto è certo: per molto tempo qualcuno, con le adeguate coperture, ha sfruttato banche dati per spiare, raccogliere informazioni riservate e diffondere sospetti e dossier su centinaia di cittadini, al di fuori di ogni controllo o inchiesta giudiziaria.

Non è marginale il ruolo che in tutto ciò hanno avuto alcuni giornalisti che hanno scritto articoli, montato campagne e inchieste sulla base delle informazioni riservate di cui erano entrati in possesso e passate loro dagli autori dei dossier. Anche questo è un aspetto particolarmente delicato della vicenda perché chiama in causa un bene importante come la libertà di stampa. La domanda è: quei giornalisti hanno fatto il loro mestiere o hanno invece infranto regole e leggi? Non è semplice dare una risposta sulla base degli elementi che abbiamo finora a disposizione. Certamente i giornalisti hanno il compito di informare l'opinione pubblica e di fornire ad essa anche notizie scomode per il potere o i potenti di turno. Nel farlo possono anche assumersi il rischio di infrangere un segreto o talvolta persino la legge. Ma un giornalista ha una responsabilità sociale oltre che professionale: deve sempre interrogarsi sulla veridicità di ciò che scrive, sulla fonte da cui proviene la notizia, sugli eventuali interessi che muovono coloro che gliel'hanno fornita. Come ha scritto qualcuno: un giornalista può anche parlare con il diavolo, ma non può permettere al diavolo di mettersi alla tastiera del pc al posto suo. E certamente non deve trasformarsi in strumento, consapevole o meno, di chi utilizza informazioni rubate per mettere in azione macchine del fango e del ricatto nei confronti di qualcuno. Sarà importante capire se, nell'ambito di questa brutta vicenda, sia avvenuto anche questo e quale fosse il rapporto tra chi costruiva dossier e chi ne diventava il megafono attraverso la stampa o altri media.

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