Roma, contesa sull’eredità: denuncia la sorella e spunta il tesoro romano dal valore inestimabile

Nell’appartamento sono state trovate epigrafi e statue murate sul balcone. Rinviata a giudizio la 62enne

Domenica 21 Aprile 2024 di Valeria Di Corrado
Roma, contesa sull’eredità: denuncia la sorella e spunta il tesoro romano dal valore inestimabile

Una contesa tra fratelli sul patrimonio lasciato in eredità dai genitori ha permesso di scoprire un tesoro archeologico di inestimabile valore nascosto in un appartamento della Capitale.

Sono stati sequestrati ben 23 reperti dell’antica Roma e del Rinascimento che ornavano gli interni e gli esterni dell’abitazione. All’ingresso, per esempio, troneggiava un’imponente statua maschile in marmo semidistesa su un piedistallo, lunga 90 centimetri e alta 47 centimetri; sulla parete del terrazzo era appesa una testa di un uomo barbuto in marmo cristallino, in «avanzato stato di degrado» proprio a causa dell’esposizione agli agenti atmosferici. La proprietaria di casa, Gemma M. (62 anni), lunedì scorso è stata rinviata a giudizio dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma con l’accusa di ricettazione di beni culturali.

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La contesa sull'eredità, l'esposto

Le indagini della Procura sono partite dall’esposto presentato il 10 maggio 2022 da suo fratello Giacomo, di professione avvocato; il quale sosteneva di essere comproprietario dell’appartamento su due piani ereditato dai defunti genitori (situato a pochi passi da Villa Ada, in un elegante quartiere di Roma) e di avere il fondato sospetto che all’interno dell’immobile si trovassero reperti archeologici di ingente valore. Dopo la morte della madre, avvenuta un anno prima, sua sorella non voleva più farlo entrare in casa e lui temeva che quei beni potessero essere asportati o distrutti. Effettivamente, il 7 luglio 2022, durante una perquisizione domiciliare disposta dal pm Nicola Maiorano, la polizia giudiziaria ha trovato statue, lastre in marmo, epigrafi funerarie che la Soprintendenza speciale archeologica di Roma ha dichiarato essere tutti oggetti «autentici e datati sia ad età imperiale romana che al XV-XVI secolo dopo Cristo»; fatta eccezione per gli scarabei e l’antica chiave egiziana della vita, che sono «verosimilmente riproduzioni moderne».

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L’inventario

«Per quanto riguarda i reperti di epoca romana», il funzionario archeologo del Mibact che ha firmato l’inventario sostiene possano «provenire da scavo o da monumenti funerari; le epigrafi risultano inedite e non censite nelle principali banche dati». Mentre «i reperti di epoca più recente sono stati asportati dalla loro collocazione originale e non è stata presentata l’autorizzazione prevista dalla normativa». È emerso infatti che i genitori dei due fratelli non hanno mai denunciato il possesso, la proprietà o la detenzione di reperti archeologici e che comunque l’immobile conteso non risulta censito come «luogo di custodia». Per questo motivo, dopo il blitz, 13 dei 23 reperti sono stati sequestrati e affidati alla Soprintendenza speciale di Roma, mentre gli altri 10 sono stati dati in custodia alla proprietaria di casa in quanto «inamovibili per il notevole peso o perché murati», si legge nelle carte. Per esempio, la figura maschile in marmo con drappeggio, collocata all’ingresso, è stata giudicata «difficilmente trasportabile». Secondo gli esperti faceva parte delle decorazioni di una fontana, dalla quale è stata staccata, e risale presumibilmente al ‘500 o al ‘600. A questo punto ci si chiede come sia stato possibile trasportala fino al quinto piano del palazzo, tra l’altro senza che nessuno degli inquilini se ne accorgesse. Nella parete del terrazzo, poi, era incastonata una lastra raffigurante due Genii, probabilmente proveniente da un sarcofago databile II-III secolo dopo Cristo. Tra i reperti ci sono anche un cavallo marino. Mercurio, il “Genio delle stagioni” e diverse epigrafi funerarie. Una di queste riporta ben leggibile il nome di Marcus Satrius Firmus ed è databile nell’età imperiale romana; un’altra riferisce di un atto di “evergetismo”, ossia la pratica diffusa nel mondo classico, di elargire doni alla collettività. In questo caso è avvenuto esattamente il contrario: il padre dei due fratelli in causa, o chi per lui, si è appropriato di beni della collettività.

Ultimo aggiornamento: 22 Aprile, 09:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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