Fu un germe letale, la Klebsiella, che la contagiò in ospedale e non fu individuato in tempo, a provocare dieci anni fa la morte di una donna del cassinate di 64 anni.
Per questo motivo i due figli hanno ottenuto ora un risarcimento di circa 350 mila euro. Lo ha stabilito il giudice Raffaella Vacca della 13° sezione civile del Tribunale di Roma, che ha condannato l'azienda sanitaria del Policlinico Umberto I, accogliendo le tesi degli avvocati Giovanni Di Murro e Michela Perrozzi, di Roccasecca ( Frosinone).
IL RICOVERO DOPO LA CHEMIO
Dopo una serie di cicli di chemio la paziente il 14 marzo 2013 venne ricoverata in chirurgia. Qui, hanno ricostruito i legali, ebbe a contrarre una serie di infezioni ospedaliere: i tamponi rilevarono una serie di germi nosocomiali quali candida e Klebesiella, con cui la donna non doveva venire a contatto date le sue condizioni. I periti nominati dal tribunale hanno ricondotto la morte della donna alla carenza di nome igieniche all'interno dell'ospedale ed al ritardo con cui i germi vennero individuati.
Il giudiceRaffaella Vacca scrive nella sentenza che «dopo il primo intervento, i sanitari avrebbero dovuto trattenere in isolamento la paziente, le cui condizioni cliniche erano già precarie. Bisognava preservarla dal rischio di contagio di infezioni piuttosto che ritrasferirla nel reparto di provenienza , in una stanza condivisa con altri pazienti»