Houti-Yemen, cosa fa ora l'Iran? Il conflitto si allarga a Usa e Occidente? Domande e risposte

Gli ayatollah temono l’allargamento del conflitto e lo scontro diretto con gli Usa. Per gli analisti «i ribelli aspettavano da anni un confronto che li legittimasse»

Venerdì 12 Gennaio 2024 di Marco Ventura
Houti-Yemen, cosa fa ora l'Iran? Il conflitto si allarga a Usa e Occidente? Domande e risposte

Adesso che cosa farà l’Iran? E Hezbollah? E tutte le milizie addestrate e armate dai pasdaran iraniani in Medioriente? Ci sarà uno scontro diretto tra Teheran e Israele, addirittura un confronto con l’America e l’Occidente? Il conflitto si allargherà? Le domande si moltiplicano dopo l’attacco anglo-americano nelle aree dello Yemen controllate dagli Houthi, inevitabile se a dispetto di tutti gli avvertimenti continuavano da due mesi i lanci di droni, missili e barchini contro le navi commerciali nel Mar Rosso. Lo Stretto di Bab al-Mandab è davvero una strettoia, un imbuto largo una trentina di chilometri che la presenza di un’isola riduce a venticinque. E nel Golfo passa un decimo del traffico mercantile mondiale, servendo anzitutto il Mediterraneo, cioè l’Europa. Due sembrano essere le convinzioni degli analisti. La prima è che l’Iran non ha interesse ad allargare il conflitto, e al di là dei comunicati di denuncia antioccidentali non si imbarcherà in una guerra conclamata con Israele e i suoi alleati globali. 

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La seconda è che i raid, che hanno avuto il sostegno pure di Paesi lontani come il Canada e l’Australia, dell’Olanda membro dell’Unione europea, e del Bahrein nel Golfo, non raffredderanno la belligeranza dei ribelli, i quali «aspettavano disperatamente da vent’anni il confronto con l’America e con Israele», dice Nadwa Dawsari, esperto del Middle East Institute. «Avevano reclutato 45mila combattenti dal 7 ottobre, ora Stati Uniti e Regno Unito hanno fatto diventare realtà il loro sogno».

IL “RUGGITO DEL TOPO”

Quello degli Houthi è «il ruggito del topo», spiega il presidente del Centro studi internazionali, Andrea Margelletti. «Vogliono semplicemente esistere, avevano dichiarato guerra a Israele e lanciato missili su Eilat, ma Israele non li ha neanche considerati, ha neutralizzato i missili e fine». Quanto all’Iran, che agli Houthi in questi anni ha fornito armi, addestramento e supporto informativo e logistico, secondo Margelletti «ha dato ampia dimostrazione di non voler allargare il conflitto, tanto è vero che la nave da guerra iraniana che da sempre è in zona e avrebbe certamente potuto dare un aiuto agli Houthi, nei giorni scorsi è salpata per Bandar Abbas». Verso lo Stretto di Hormuz, sponda opposta della Penisola Arabica. «I raid – prosegue Margelletti – sono stati una prova di forza dell’Occidente sul diritto di navigazione e sul fatto che noi occidentali non ammettiamo che vi siano rallentamenti dei nostri flussi economici; però c’è da chiedersi, se è vero che gli attacchi degli Houthi danneggiavano soprattutto i traffici verso il Mediterraneo, verso l’Europa, dov’è l’Unione europea in tutto questo? L’Europa che sarebbe la principale interessata nella turbativa alla navigazione nel Mar Rosso?».

In realtà, un commento sul Jerusalem Post sostiene che anche se l’Iran non ha fatto una dichiarazione di guerra, «si trova di fatto già in guerra, con Washington e Gerusalemme». Invece di continuare a fare lo struzzo e nascondere la testa nella sabbia, sostiene il commentatore del JP (che è un ex addetto stampa di Netanyahu), Biden dovrebbe riconoscere «l’andamento della situazione e intraprendere azioni più forti contro Teheran prima che le cose sfuggano di mano». Neanche Israele avrebbe interesse a estendere le ostilità, «ma la sua leadership sì, per sfuggire alla resa dei conti una volta finita la guerra», azzarda Margelletti. «Ogni giorno ci sono provocazioni pesantissime degli israeliani in Cisgiordania, in Libano hanno ucciso il numero 2 delle unità speciali di Hezbollah, ma finora sono punture di spillo quelle di Hezbollah, il suo potenziale militare è tale da creare una situazione davvero terribile, nel caso volesse seriamente entrare nel conflitto». 

 

Gli Houthi, al contrario, danno il meglio (o il peggio) di sé proprio in tempi di guerra, sostengono i think tank interpellati dal New York Times. «Guadagnano consenso se possono additare un nemico esterno, e hanno sicuramente più successo come soldati che come governanti», afferma l’analista britannica Hannah Porter. «Loro non sperano altro che di espandere la guerra nella regione, e il loro massimo desiderio è ritrovarsi nella prima linea di quella guerra».

Tuttavia, non sono rimasti molti bersagli adeguati per i raid occidentali in Yemen, largamente distrutto da anni di bombardamenti da parte di sauditi e emiratini, spiega Abdullah Baabood, studioso omanita che scrive per il Carnegie Middle East Center. «Non smetteranno con le loro provocazioni e continueranno a perseguire l’escalation».

Ultimo aggiornamento: 13 Gennaio, 09:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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