Alleati e distanti / Il bipolarismo così difficile da realizzare

Martedì 5 Marzo 2024 di ​Ferdinando Adornato
Riuscirà mai l’Italia a diventare una matura democrazia dell’alternanza, con un sistema bipolare stabile e convincente? La domanda aperta da decenni (almeno dalla fine della Prima Repubblica) torna in questi giorni d’attualità per via della lunga tornata elettorale che dalla Sardegna ci porterà in Abruzzo e poi in Basilicata, prima delle elezioni europee di giugno. Ebbene, le coalizioni che si contendono il voto degli italiani sono adeguate a rappresentare una moderna democrazia occidentale? Due, sopra le altre, sono le principali questioni di cui tenere conto: l’identità politica e la collocazione internazionale.
La prima si traduce essenzialmente nella vexata quaestio del “centro”, cioè nella capacità delle coalizioni di emarginare le spinte estremiste per affermare una visione moderata ed equilibrata del governo. Tenendo anche conto del fatto che, finora, è fallito ogni tentativo di costruire un “centro” politico autonomo. Ebbene, purtroppo né il centro-destra né il centro-sinistra sembrano per ora in grado di soddisfare in pieno tale requisito. Tanto che appare più congruo parlare di destra e di sinistra, senza alcun trattino. Per la verità, Giorgia Meloni è riuscita nella non scontata impresa di guadagnarsi una credibilità che oltrepassa in modo significativo i confini della sua appartenenza. Eppure, da una parte, la permanente competition di Salvini, dall’altra l’inesperienza istituzionale della sua classe dirigente alle volte offuscano l’equilibrio che la premier costantemente dimostra. Resta dunque ancora aperta per la destra la necessità di “andare oltre” il proprio storico insediamento ideologico (anche nella selezione dei candidati). In altri termini, la parte conservatrice della coalizione è ben rappresentata, meno chiara sembra quella riformista.
A sinistra le cose vanno peggio. A parte le alleanze con Calenda e Renzi, eternamente in bilico, sembra ormai svanito ogni approccio “centrista” (prevalentemente post-democristiano) che, pur tra mille contraddizioni, aveva caratterizzato la stagione dell’Ulivo. Il diffuso disagio del partito di fronte al permanente “ricatto” politico (e personale) di Giuseppe Conte sta lì a dimostrarlo. Di fatto, un’alleanza organica con i 5stelle snaturerebbe drammaticamente la vocazione riformista del Pd, trasformando la sinistra in un ircocervo, diviso tra antipolitica e movimentismo radicale. Non esattamente una coalizione di governo adeguata ai difficili tempi che attraversiamo. D’altra parte senza tale alleanza sarebbe proibitivo competere in qualsiasi elezione. Si tratta dunque di un rebus assai complesso. Non sarà che, per risolverlo, proprio alla sinistra converrebbe quella riforma del premierato così tanto contestata?
Ma veniamo alla seconda questione, la collocazione internazionale dell’Italia. Qui l’analisi è più semplice. Giorgia Meloni, come aveva promesso, ha “rovesciato i pronostici” e, in pochi mesi, è riuscita a consolidare la credibilità conquistata da Draghi e, semmai, a renderla ancora più “attiva”. Neanche le punture di spillo della Lega sono mai riuscite a scalfire l’europeismo e l’atlantismo che la premier, assieme a Tajani, ha innalzato a stabile bandiera del suo governo. Di più: Giorgia Meloni, con la sua “strategia sull’Africa”, si è addirittura guadagnata un ruolo propulsivo in tutta la comunità occidentale. In molti, infine, puntano sulla sua leadership di “mediazione” se, come si prevede, il peso elettorale della destra europea si facesse più forte.
Tutt’altra, purtroppo, la musica suonata a sinistra. Può aiutare il bipolarismo italiano a diventare maturo un cartello elettorale nel quale il Pd sostiene la difesa dell’Ucraina e Conte, viceversa, ne chiede la fine, proponendo peraltro una cinica confusione tra la pace e la resa degli ucraini? E che ne sarebbe poi della collocazione internazionale dell’Italia se, proprio mentre cresce l’esigenza che l’Europa si doti di un proprio sistema di difesa e di sicurezza, un eventuale governo italiano di sinistra si dividesse (magari incoraggiato da Trump) su un nodo così decisivo per il nostro futuro? Paradossi della propaganda: quello che un tempo era considerato l’handicap della destra, la credibilità internazionale, è ormai diventato il tallone d’Achille della sinistra!
Come si vede, è ancora assai lunga la strada per arrivare a una moderna democrazia dell’alternanza. Si può dire che, lungo tale percorso, la destra sia un passo più avanti. Ma per un compiuto bipolarismo, lo dice la parola, bisogna essere in due.
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