Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Venezia 80, giorno 7. Un presuntuoso Enea
Holland commuove, Linklater geniale

Mercoledì 6 Settembre 2023

 

Grazie al cielo esiste Richard Linklater. Il problema è semmai ancora una volta il cinema italiano. Tra l’altro “Enea”, opera seconda del figlio d’arte di Sergio (qui anche attore-padre come nella vita), è al momento il punto più sconfortante di tutta la pattuglia italiana: annunciata quest’ultima come meravigliosa, rischia di diventare proprio per questo più fallimentare di quello che magari è sul serio. Comunque siamo a Roma, perché dopo “I predatori”, da lì o zone dell’hinterland non ci si muove. Enea (lo stesso regista) ha un nome che spiega già molto (il fratello più piccolo, se interessa, si chiama Brenno…): sta spesso con l’amico Valentino, che ha la passione per il volo. Sono ragazzi della borghesia romana: la mamma e il padre di Enea sono insoddisfatti della loro pur agiata vita, i figli passano i giorni e le notti nella Roma delle terrazze e delle feste, ma soprattutto si danno da fare nel mondo della droga, perché amano esagerare. Un po’ come lo stesso regista sullo schermo. Circondati da biechi scrittori, ragazze suppellettili, piccoli gangster di quartiere, Enea e Valentino si strapazzano a più non posso, cercando l’incantesimo inebriante dell’esistenza. Il problema maggiore di Castellitto jr. non è l’ambizione: in realtà è un regista presuntuoso, volutamente debordante e maldestramente provocatore, al quale piace il gioco disfattista, più innocuo che graffiante, e lo stupore furbo di dadaismi di montaggio. Qui si lancia in un’operazione che sposa il Sorrentino de “La grande bellezza”, del quale vorrebbe imitare anche lo stile appariscente e spesso esornativo, con la ruvida e muscolare sinfonia delle pistole cara a Stefano Sollima. Ne esce un film consapevolmente disturbante, fino alla irrispettosa scena che richiama, in modo spiacevolmente spettacolare, il dramma delle Torri Gemelle, che spreca purtroppo anche quel po’ di talento che si intravvede qua e là e che affoga in una ipertrofica manifestazione di sé, tra le Spiagge di Renato Zero e un finale con tanto di ascensione al cielo. Voto: 3.

Da Agnieszka Holland, 75enne regista polacca, arriva un cupo, duro e sconvolgente j’accuse in opaco bianco-nero al trattamento dei migranti sul confine polacco-bielorusso (da qui il titolo “Green border”). Persi nella boscaglia e costretti costantemente a passare avanti e indietro la frontiera, come corpi indesiderati e soprattutto usati a scopo politico, i profughi (anche quelli che arrivano in aereo, per dire) diventano, oltremodo, oggetto di profonda e scioccante conflittualità interna e personale, con la popolazione e soprattutto gli attivisti pronti ad aiutare chi ha bisogno, mentre il Potere dello Stato e le Forze di polizia si comportano spesso come veri aguzzini. Non privo di momenti altamente drammatici (si pensi al bambino che annega) e capace di parlare al cuore dello spettatore, il film paga soltanto qualche eccesso, compresa la durata, ma regge l’impegno morale che si è dato. Dato il tema e il modo in cui è stato trattato, non sorprenderebbe un premio importante, perfino il Leone d’oro: le Giurie hanno spesso la lacrima facile, anche se qui giustificata. Voto: 7.

Infine arriva, Fuori Concorso, l’esilarante, geniale commedia di Richard Linklater “Hit Man”. Tratta da un articolo di giornale di una ventina d’anni fa, racconta, con la giusta aggiunta romanzata, l’incredibile vita di Gary Johnson, professore di filosofia e agente in segreto della polizia, pronto a fingersi sicario da assoldare, con lo scopo di cogliere in flagrante i colpevoli. Ma come spesso accade e come ha insegnato proprio l’altro giorno Woody Allen, il caso vuole che Gary si innamori di una cliente, dopo averla dissuasa dall’omicidio. In una rocambolesca sequenza di avvenimenti, i fatti ribaltano costantemente la situazione. Scritto in modo esemplare (molti in Italia dovrebbero servirsene da lezione), recitato brillantemente da Glen Powell (anche sceneggiatore assieme al regista), da Adria Arjona, il film è spassosissimo e intelligente. E la scena del “doppio inganno” per voci e cellulare è già cult. Voto: 8.

 

 

Ultimo aggiornamento: 07:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA