Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Venezia 80, giorno 2. Ferrari va, El Conde frena
Ma è Dogman a vincere la tappa

Venerdì 1 Settembre 2023

Giornata 2 molto ricca, con ben 3 film in Concorso. E non qualsiasi. Scendono in gara Michael Mann, Pablo Larraín e Luc Besson. Con risultati discordanti.

Non c’è dubbio che Michael Mann sia uno dei più grandi registi viventi. Ha firmato film eccezionali come “Manhunter”, “Insider”, “Heat”, “Miami vice”, “Collateral”, “L’ultimo dei mohicani”, fino all’ultimo “Blackhat”, purtroppo ormai datato 2015. Ora torna con “Ferrari” che è un biopic limitato al 1957, quando il Drake non era ancora lui, ma viveva un periodo travagliato della sua vita, con un matrimonio fallito e una relazione extraconiugale con un figlio, mentre la sua scuderia andava rotoli economicamente. Il film non è una delusione. Non può esserlo essendo scritto benissimo da Troy Kennedy Martin dalla biografia di Brock Yates, girato comunque con una sapienza ovviamente straordinaria e interpretato con minuziosa attenzione da Adam Driver e con dolente trasporto da Penélope Cruz, nella parte della moglie tradita Laura, mentre Shailene Woodley è Lina Lardi, mamma di Piero, che verrà tardivamente riconosciuto dal padre e ora dirigente della casa di Maranello. Ma va anche detto che, abituati alla creatività di un regista eccellente, non riesce quasi mai a sbalordire, pur mantenendo momenti di grande cinema: si vedano il monologo davanti alla tomba del figlio Dino avuto da Laura e morto per malattia in giovane età; il montaggio serrato in chiesa, all'opera e in pista; le riprese agonistiche, soprattutto nel finale con quella continua distorsione della strada nel tragico incidente di Guidizzolo, nella Mille Miglia, che costò la vita di 11 persone. Vero che forse il problema è proprio Ferrari, che non è Muhammad Alì, per restare a un altro biopic di Mann: lì avevamo un personaggio esplosivo, in un contesto sociopolitico rilevante, e la boxe, sport per antonomasia al cinema; qui un uomo, che Mann demitizza totalmente, ancorandolo a una fase molto privata e problematica della sua vita. Certo di Mann esce ancora una volta integra la sua indole sentimentale, nonostante passi per un maestro dell’azione, mentre l’Italia non è mai cartolinesca o macchiettistica (nonostante l’inevitabile inglese, che fa sempre specie), il ritratto di un’epoca è puntuale e appassionato e la parte sportiva non si dimostra approssimativa. Resta un film dal grande respiro narrativo, dove Mann ribalta un risaputo concetto: lo sport specchio della vita diventa qui la vita specchio dello sport. Voto: 7.

A suo modo scontenta leggermente di più Pablo Larraín, che con il suo “El conde”, targato Netflix, trasforma Pinochet in un vampiro, che proviene dai secoli remoti, chiudendo probabilmente (ma anche sperabilmente) il cerchio della memoria sulla dittatura cilena, con un horror grottesco dove il Male si ricicla costantemente. In un bianco e nero di stordente bellezza di Ed Lachmann, con una spoglia campagna che ricorda scenari da Béla Tarr, il film poggia su un’idea geniale iniziale, usa per il genere per smascherare la crudeltà assoluta e anche se nel finale si permette un buon colpo di scena con l’entrata di un altro personaggio politico, a metà strada sembra smarrirsi, non trovando il modo di rigenerare una storia che finisce col girare a vuoto. Voto: 6.

Così alla fine la bella sorpresa arriva da Luc Besson, regista francese dallo stimolo hollywoodiano, che con “Dogman” (stesso titolo di un film di Garrone) descrive la vita tormentata e tragica del piccolo Douglas, picchiato e recluso da bambino in una gabbia dal padre e dal fratello, fino a ridurlo su una sedia a rotelle. Da grande, circondato da un esercito di cani, di fatto isolato dalla società e episodico artista in uno scenario da drag-queen, troverà il modo di ergersi ad angelo vendicatore, mentre un’assistente sociale lo aiuterà a “liberarsi” dei ricordi. Film sulla violenza che genera violenza, quindi di grande attualità, robusto e possente, nonostante qualche eccesso. Grande prova di Caleb Landry Jones e un finale che ricorda “The elephant man”. Voto: 7,5.

 

Ultimo aggiornamento: 06:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA