Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Indiana Jones non tradisce, troppe 99 lune
Ma la vera sorpresa è Falcon lake

Venerdì 30 Giugno 2023

Sono passati ormai più di 40 anni dal momento in cui Indiana Jones fece irruzione nel mondo avventuroso cinematografico, un viaggio in tutto questo tempo che dura da cinque film e che adesso per la prima volta approda a un episodio non diretto da Steven Spielberg, che resta produttore esecutivo assieme a George Lucas. E non è un caso che sia proprio il tempo, e mai come ora, il vero protagonista di quest’ultimo appuntamento, passato quasi velocemente sugli schermi di Cannes, sfaldando presto l’ipotesi di qualcosa che assomigliasse male al resto e che battesse la fiacca nella girandola delle invenzioni e del divertimento. Invece: tutt’altro. E d’altronde, parliamoci chiaro: basta che attacchi la fanfara delle note di John Williams, padre di tanti celebri “motivi” da cinema, perché riparta la grancassa dell’entusiasmo dello spettatore. Dunque: Indiana Jones e il quadrante del destino non delude. E, come detto, essendo il tempo a scandire il ritmo della storia, eccoci catapultati all’indietro, in un prologo sfacciatamente lungo e senza un attimo di respiro, dove l’uomo famoso per un cappello e una frusta, ritrova quasi l’entusiasmo fanciullesco degli esordi, quando il leggendario archeologo svolazzava in acrobatiche situazioni e sapeva salvarsi dai più terribili pericoli. Qui siamo quasi alla fine della Seconda Guerra, con i nazisti ancora in forza, e vale come immediato aggancio all’inizio di tutto, come per dire che la vera insidia al mondo arriva sempre da lì. Troviamo il professor Jones, al quale l’operazione di “deaging” ridà il volto di Harrison Ford appena maturo, a caccia della lancia che trafisse Gesù. Le cose si ingarbugliano immediatamente e da qui si viene catapultati in inseguimenti continui, il più spettacolare a bordo e sulla cima di un treno, altro elemento che rinvigorisce la saga. In un attimo si viene lanciati nel futuro, a quel 1969 dello sbarco sulla Luna, quando grazie al tedesco Jürgen Voller (Mads Mikkelsen), fervente nazi passato al servizio della Nasa, Indiana, che si sta separando dalla moglie e ha peso un figlio nel Vietnam, assieme al dottor Shaw (Tobe Jones) sente parlare della Macchina di Antikytera, attribuita ad Archimede, che permette di muoversi nel tempo. Poi basta aggiungere il personaggio della figlia di Shaw (Phoebe Waller-Bridge) per dare un tocco di contrapposizione romantica e di tutta la lotta di chi vorrebbe cambiare il corso della Storia, per condensare uno spettacolo all’altezza, che non infrange il buon senso e riesce a trovare una chiusa quasi commovente, tra parate post-allunaggio, scorrazzate dei tuk-tuk sulle viuzze di Tangeri, il mare Egeo con le murene, Siracusa e l’Orecchio, i Beatles di “Magical mistery tour” e David Bowie di “Space oddity”. Insomma: il business non manca di sicuro, ma il divertimento nemmeno. E Mangold, senza mai prendersi troppo sul serio, non sfigura. Voto: 6,5.

Avrebbe meritato un’uscita meno marginale, non solo come calendario, questo “Falcon lake”, debutto di Charlotte Le Bon, che in riva a un lago del Québec, racconta l’estate dell’adolescente Bastien, in vacanza con la famiglia e con la figlia di amici dei genitori, Chloé, di poco più grande, che di fatto inizia a stuzzicarne i primi segnali inquieti di desiderio, facendo dell’intraprendenza il controcanto della timidezza del ragazzo. Sospeso tra racconti di fantasmi (la leggenda narra di un giovane annegato tempo prima) e la malinconia di una vita che già sembra evaporare, il film ha una grazia e una naturalezza (bravi gli interpreti) che sorprendono. Voto: 7.

Un corpo che galleggia in una piscina. Morto. Una coppia di turisti che forse poteva salvarlo. Una casa in affitto che doveva essere teatro di una vacanza rilassante e si traforma in un incubo. E soprattutto spacca l'armonia della coppia, così rigidamente racchiusa in quelle geometrie asfissianti che racchiudono il film. I gesti portano sempre a delle conseguenze, spesso non si capiscono mai in anticipo. "Silent land" è l'esordio alla regia della polacca Ada Woszczynska, ricorda vagamente la frattura esistenziale della coppia di "Forza maggiore", ma è più astratta, sa di Haneke ma senza la sua crudeltà e forse è troppo, nel finale, programmatica. Ma i corpi, gli affetti, le colpe arrivano. Magari più alla testa che al cuore. Voto: 6,5.

Comincia con un tentativo di stupro. Ma poi si capisce che l'obiettivo è il ribaltamento dei ruoli. Jan Gassmann con "99 lune" (titolo che fatica a trovare una ragione, anche nel calcolo progressivo del tempo) si dà arie da trasgressione sessuali, ma al di là di un paio di lampi hard, compresa una sfuggente erezione, rovescia oltre ai ruoli anche le intenzioni: e così la protagonista (Valentina Di Pace) che sembrerebbe essere una stravagante dell'amplesso finisce per diventare la più morigerata delle donne, maternità compresa. Lo scandalo annunciato è un bluff. E la luna (99 sono decisamente troppe) è in piena eclisse. Voto: 4.

 

 

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 23:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA