Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Ferrari, l'ultimo antieroe di Michael Mann
Maestri, musica e giardini. L'Adagio di Sollima

Venerdì 15 Dicembre 2023

Bisognerebbe fermarsi un attimo prima di criticare pesantemente, com’è successo, un film di Michael Mann. Quando si parla di giganti del cinema, e lui lo è da sempre, si può certo trovare questo o quel film meno impattante sul nostro sguardo, ma è difficile sostenere che “Ferrari”, l’ultima sua regia, presentata in Concorso a settembre a Venezia sia brutto o anche peggio. Chi ha firmato film eccezionali come “Manhunter”, “Insider”, “Heat”, “Miami vice”, “Collateral”, “L’ultimo dei mohicani”, fino all’ultimo, sottovalutatissimo “Blackhat”, forse andrebbe esaminato con maggior attenzione. “Ferrari”, che è un biopic assai parziale perché limitato al solo 1957, quando il Drake non era ancora lui, racconta una parentesi travagliata della sua vita, con un matrimonio fallito e una relazione extraconiugale con un figlio, mentre la sua scuderia andava a rotoli economicamente. Scritto benissimo da Troy Kennedy Martin dalla biografia di Brock Yates, è girato con una sapienza ovviamente straordinaria e interpretato con minuziosa attenzione da Adam Driver, che si è trascinato un tourbillon di polemiche con in testa Pierfrancesco Favino, e con dolente trasporto da Penélope Cruz, nella parte della moglie tradita Laura, mentre Shailene Woodley è Lina Lardi, mamma di Piero, che verrà tardivamente riconosciuto dal padre e oggi dirigente della casa di Maranello. Ammettiamo non sia un capolavoro, ma resta grande cinema: si vedano il monologo davanti alla tomba del figlio Dino avuto da Laura e morto per malattia in giovane età; il montaggio serrato in chiesa, all'opera e in pista; le riprese agonistiche, soprattutto con quella continua distorsione della strada nel tragico incidente di Guidizzolo, nella Mille Miglia, che costò la vita di 11 persone, e mille altri dettagli importanti. Forse il problema allora è proprio Ferrari, che non è Muhammad Alì, per restare a un altro mito raccontato da Mann: lì avevamo un personaggio esplosivo, in un contesto sociopolitico rilevante, e la boxe, sport per antonomasia al cinema; qui un uomo, che Mann demitizza totalmente. E probabilmente in questa sottrazione l’uomo Ferrari, lontano dall’essere appunto ancora Ferrari, e quindi anche dal suo stereotipo, non riesce a essere coinvolgente come altri. Certo di Mann esce ancora una volta integra la sua indole romantica (è l’unico regista al mondo che può far piangere inquadrando la coda di un aereo che si alza in volo, come in “Blackhat”), nonostante la sua figura titanica emerga imbattibile nelle scene d’azione; e poi l’Italia non è mai cartolinesca, il ritratto di un’epoca è puntuale e appassionato e la parte sportiva non si dimostra approssimativa. Resta un ottimo film dal grande respiro narrativo, dove Mann ribalta un risaputo concetto: lo sport specchio della vita diventa qui la vita specchio dello sport. Voto: 7,5.

LE ROSE E LE SPINE - "Il maestro giardiniere" chiude una trilogia recente, dopo “First reformed” e Il collezionista di carte”, ritornando ancora sui temi della colpa e della redenzione, qui incarnati da un maestro giardiniere (Joel Edgerton), dall’oscuro passato, svelato dai suoi tatuaggi, che deve insegnare il mestiere alla giovane Maya (Quintessa Swindell), pronipote della datrice di lavoro Norma (una glaciale e crudele Sigourney Weaver). Se la scrittura non si discute, forse dei tre film di Paul Schrader vie sulle metafore che danno forza al racconto (il giardino come luogo di un Eden possibile ma macchiato dalla cattiveria umana, la distruzione e la rinascita), mentre la violenza si affievolisce rispetto al passato e i personaggi trovano a loro modo una strada per ricomporre la propria vita, in pace forse anche i propri fantasmi. Le rose e le spine. Voto: 7.

ADAGIO, NON TROPPO - Se Sollima fa Sollima è già abbastanza. Con “Adagio” siamo in una Roma continuamente assalita da blackout e da un incendio che avanza da lontano, come col recente “Il cielo brucia”, di tutt’altro genere e ben più importanza. Seguiamo un ragazzo entrare in una festa gay, molto frequentata, con l’intento di riprendere col cellulare una persona politica di primissimo piano. Lo fa perché è costretto: in caso contrario rischierebbe la vita. Seguono intrighi malavitosi tra personaggi tipici. Sollima dimostra ancora una capacità non indifferente nel costruire scene d’azione (il finale nella metro), parteggiando sempre per chi comunque non tradisce il proprio ruolo. Ma ormai senza più sorprendere. Cast di rilievo, con un Favino quasi irriconoscibile.      Voto: 6.

AMORE E PODIO (su NETFLIX) - Positivo anche il ricordo che lascia “Maestro” di Bradley Cooper, che (non) torna in laguna a 5 anni da “A star is born”. È il biopic targato Netflix, scritto dallo stesso regista con Josh Singer, sulla vita del grande compositore e direttore d’orchestra Leonard Bernstein, interpretato proprio da Cooper, in modo sbalorditivo per somiglianza e gestualità maniacalmente riprodotta. Culmine è la sequenza del concerto in chiesa, che va a chiudersi sul volto di Felicia Montealegre (una altrettanto bravissima Carey Mulligan), moglie tormentata di Lenny (com’era chiamato il Maestro), incapace di accettare l’omosessualità del marito. Cooper si conferma regista di talento, sfruttando piani-sequenza molto intensi (si pensi soprattutto a quello iniziale, quando viene svegliato per sostituire all’improvviso sul podio il grande Bruno Walter, iniziando così la sua carriera); un gioco tra bianco-nero e colore tutt’altro che esornativo; e una empatia costante tra i due protagonisti. Ne esce il ritratto, altrettanto inquieto, di un genio musicale e di un uomo diviso tra l’amore per la propria moglie e il richiamo erotico per gli uomini (qui con alcuni momenti toccanti). Semmai Cooper a volte non controlla sempre l’esuberanza e eccede con la malattia di Felicia (che però chiude in modo esemplare, con quel posto vuoto in auto), terminando il film con una brutta scena in discoteca con Lenny ormai anziano e definitivamente sul volto della moglie, che di fatto diventa il vero impulso della storia. Voto: 7.

 

Ultimo aggiornamento: 22-12-2023 18:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA