Semir era assistito da Betania, a un amico aveva confessato: «Voglio andare via di qua»

Sabato 22 Novembre 2014
(g.pra.) Nessuno lo conosceva per nome, nemmeno gli amici clochard che come lui condividevano la mensa di Betania e quel freddo giaciglio sul marmo della stazione. Semir Gaouen, 29enne di origini tunisine ma di nazionalità italiana (nato in Italia da genitori immigrati) prima di essere ucciso a coltellate, giovedì notte, aveva mangiato alla mensa dei poveri a Cannaregio e salutato gli amici più stretti con l'intenzione di partire per la Norvegia. Il clochard si era trasferito da Milano a Venezia circa un mese fa, ma ora aveva deciso di intraprendere un nuovo viaggio molto più lontano. Con lui, giovedì sera, in mensa, c'era Vasile, senzatetto romeno di circa 50 anni che ieri mattina sedeva in una delle panchine di marmo tra le aiuole della stazione, con lo sguardo perso nel vuoto. «Era tranquillo e simpatico - dice Vasile - come sempre, abbiamo mangiato assieme ma lui è andato via un po' prima di me. Non sembrava avesse problemi di nessun tipo, un goccio di vino e poi "ciao ciao". Quando sono arrivato in stazione era già tutto finito".
Semir poco prima della lite mortale aveva parlato anche con Christian, coetaneo di nazionalità tedesca che ieri mattina discuteva arrabbiato con uno dei porter service in stazione. «Hanno ucciso il mio amico - ha detto al portabagagli con le lacrime agli occhi - Bengalesi qui sempre problemi, sempre ubriachi alla sera». Christian racconta di essere alla ricerca di lavoro a Venezia, mentre Semir era un po' stufo di stare in laguna. «Abbiamo bevuto un bicchiere di vino assieme fuori da Betania - racconta Christian - mi aveva detto che oggi voleva partire per la Norvegia perché era stufo di stare a Venezia, e non sarebbe più tornato. Mi aveva chiesto di fare la strada assieme in direzione Santa Lucia ma io dovevo andare dall'altra parte e gli ho detto che lo avrei raggiunto dopo. Invece è stata l'ultima volta che l'ho visto». I commercianti delle bancherelle sulla riva della fondamenta Santa Lucia descrivono la vittima come una persona pacata e sorridente, perfettamente integrata nel contesto veneziano nonostante lo stile di vita all'aria aperta. Anche uno dei giovani porter service bengalesi ricorda positivamente il senzatetto «Si faceva gli affari suoi, era tranquillo e non dava fastidio a nessuno. Una lite, certo, ma non si può uccidere una persona così».
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