Orsoni: «Patteggiare? Un sacrificio»

Giovedì 28 Agosto 2014
segue dalla prima


Due mesi e mezzo dopo, l'ex sindaco torna a farsi sentire. Tirato per la giacchetta dalle affermazioni del suo ex vice, Sandro Simionato, che ieri in un'intervista al Gazzettino aveva di fatto "scaricato" su Orsoni e sul direttore generale Marco Agostini la scelta di firmare quel contratto integrativo dei dipendenti comunali che ora il commissario straordinario Zappalorto ha cancellato, provocando la rivolta a Ca' Farsetti.
Avvocato Orsoni, come sta?
«Fisicamente bene, moralmente così così».
Ha visto cosa sta accadendo attorno a quel contratto che, secondo Simionato, avete firmato lei e Agostini?
«Ho letto quello che dice Simionato e sono perplesso. Prima di tutto perché il sindaco per principio e giuridicamente non firma proprio nulla. È un'alterazione della realtà. Le cose sono andate in maniera diversa da come dice Simionato».
Cioè?
«Alla bozza di integrativo era stato dato avvio dalla Giunta con una delibera, dopo aver sentito autorevoli pareri giuridici. La contrattazione partì a maggio, con la delegazione pubblica composta da Marco Agostini e dalla dirigente del personale, Maria Maddalena Morino. I sindacati si opposero perché volevano di più, non vollero firmare. Poi a inizio giugno è successo quello che sappiamo, i sindacati si sono spaventati e hanno deciso di chiudere subito e firmare».
E poi?
«Poi io sono rientrato in Comune l'11 o 12 giugno, dopo aver deciso di patteggiare per poter chiudere subito alcune partite importanti, tra cui il bilancio, e per non lasciare la città nel vuoto amministrativo».
Vuole dire che la sua decisione di patteggiare è stata giustificata solo da una valutazione politica?
«Sì, mi sono sacrificato purché si portassero avanti entro fine luglio alcune decisioni di vitale importanza. Solo che questo gesto non è stato capito».
Da chi?
«Beh, io in quei giorni dissi ai partiti, compreso il Pd: "sono qua, a disposizione, portiamo avanti le urgenze". L'opposizione era d'accordo, ma il Pd è andato in fibrillazione, sono usciti con affermazioni strampalate e ho capito che non ci sarebbero stati margini per andare avanti. Il Pd disse che non ero uno dei loro, e devo dire che sono contento di non esserlo stato. Da qui la scelta di dimettermi 48 ore dopo aver detto che non mi dimettevo. Non c'erano le condizioni per andare avanti».
Quindi, dice, lei si è "immolato" per la città. Si sente tradito?
«Ho fatto un sacrificio personale che non è stato compreso».
Però il contratto ai dipendenti andò avanti...
«Nelle more, in quei giorni avevamo un accordo siglato con i sindacati che la delegazione trattante pubblica (Agostini e Morino) voleva firmare. Se fossi andato avanti io con una delibera, si sarebbe posto un tassello nel bilancio vincolante verso chi sarebbe venuto dopo. Venuta meno la volontà politica, non potevo farlo nè come atto politico, nè come atto giuridico. Chi ha detto no allora, oggi deve assumersi le proprie responsabilità».
In quei giorni fu Agostini ad assumersi la responsabilità?
«Certo, come dirigente era nei suoi poteri, ma quel contratto non è vincolante perché per esserlo ha bisogno della ratifica di un organo politico, Giunta o Consiglio. Il commissario Zappalorto ha questi poteri, ma liberamente ha deciso di non procedere con la delibera e di revocare tutto. Non giudico questa scelta, è nei suoi poteri».
Zappalorto nella sua lettera ai dipendenti dice che quel contratto si basava su entrate non certe.
«Noi avevamo fatto le nostre valutazioni e contavamo di reperire le risorse con la vendita del Casinò e con altre partite, come lo "svincolo" dei soldi della Legge speciale dal Patto di stabilità. Avevo avuto garanzie dal Governo su questo. Tanto più che avevamo già avviato un risanamento che ci aveva portati a recuperare una ventina di milioni dei 47 di passivo».
In un momento in cui uscivate dal blocco causato del Patto di stabilità e avevate beneficiato del "Salva Venezia", con un "buco di 47 milioni, era proprio prioritario impegnare quei soldi per il contratto integrativo dei dipendenti?
«È stata una scelta politica, quella di difendere il personale, così come quella di non intaccare il welfare. I dipendenti comunali sono pagati per un impegno costante. A volte, come nel caso dei vigli, sono sotto organico e alle prese con un impegno pressante. Il commissario fa scelte diverse, ma io spero vivamente che Venezia torni ad avere quanto prima una guida politica, che si voti presto, la città ne ha bisogno».
Lo dice perché in questi due mesi sembra che il declino stia accelerando?
«Non so quanto sia vero o quanto siano i mass media a enfatizzare certi fenomeni. Gente che fa pipì per strada ce n'è in tutto il mondo, ma a Venezia sembra diventato qualcosa di "virale". Andrei cauto a dire che la situazione è peggiorata».
Ritornasse indietro?
«No, guardi, mi fermo qua. Non voglio accendere polemiche. Parlerò più avanti».
Davide Scalzotto

© riproduzione riservata

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci