Nel dna la soluzione del "giallo"

Venerdì 19 Settembre 2014
Dopo l'indagine con il georadar nell'ex camping militare di Ca' Vio e in altre zone del litorale di Cavallino, che non ha rivelato la presenza di cadaveri nel sottosuolo, è la volta dell'esame del dna applicato ad alcuni reperti sequestrati 23 anni fa nell'ambito dell'inchiesta sulle due buranelle scomparse domenica 27 ottobre 1991. Allora l'isolamento della sequenza non era ancora nella disponibilità delle forze dell'ordine, così che molti oggetti a disposizione degli inquirenti non poterono aver "voce" in capitolo. E, forse, potrebbero esserci anche alcuni reperti rinvenuti durante le indagini geologiche a Ca' Vio. È per questo motivo che il procuratore aggiunto di Venezia, Carlo Nordio, ha chiesto la riapertura dell'inchiesta con l'ipotesi di duplice omicidio e occultamento di cadavere. Indagine che il presidente della sezione Gip, Giuliana Galasso, ha formalmente riaperto nei giorni scorsi, concedendo alla Procura un anno di tempo per approfondire gli indizi e formalizzare eventuali accuse. Oppure per chiedere l'archiviazione del procedimento, che stavolta sarebbe davvero definitiva.
In questo procedimento figura, finora come unico indagato, il cinquantaquattrenne Nicola Alessandro, all'epoca finito nel mirino degli inquirenti in qualità di ex moroso di Rosalia Molin (una relazione finita qualche mese prima della scomparsa della ragazza) e in qualità di ultima persona che aveva incontrato a Treporti Rosalia, la zia Paola Costantini e il fratello di Rosalia, Nicola, appena sbarcati a Treporti dal battello proveniente da Burano. Nei suoi confronti non era mai stato emesso nessun provvedimento, tanto che la sua posizione risultava archiviata.
«È un atto dovuto - spiega frettolosamente il procuratore aggiunto Carlo Nordio - necessario per svolgere l'esame del Dna su alcuni campioni sotto sequestro».
Le indagini condotte nel sottosuolo del Litorale lo scorso inverno erano state giustificate da un'inchiesta contro ignoti in cui si ipotizzava la semplice scomparsa. Passare all'ipotesi più grave, richiede la possibilità che la persona sospettata - anche in senso lato - si possa difendere e possa essere quindi informata in caso di un accertamento cme quello sul dna.
«Appendiamo queste cose dai giornali - commenta l'avvocato Igor Zornetta, legale di Alessandro - perché non ci è mai stato recapitato alcun avviso. Nei prossimi giorni chiederò lumi alla Procura».
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