Gli infermieri: strada giusta ma temiamo i tagli lineari

Domenica 20 Aprile 2014
UDINE - La bozza della futura riforma della sanità regionale trova un primo parere favorevole nel collegio provinciale di Udine dell'Ipasvi (infermieri professionali, assistenti sanitari, vigilatrici d'infanzia). Un sostanziale sì, ma con una nota dolente, un timore: i tagli lineari. Nonostante le rassicurazioni dell'assessore regionale alla Sanità Maria Sandra Telesca, la presidente del collegio Sabrina Spangaro dice chiaramente: «Ci saranno. Ma c'è ancora margine di manovra, bisogna avere coraggio di prendere decisioni che possono risultare impopolari».
Detto questo, per Spangaro la strada «è quella giusta, è il momento di rivedere l'assetto della sanità del Fvg; con il presupposto che non ci sono soldi, gli sprechi si possono ridurre, ma bisogna vedere in che settori si faranno i tagli. Servono aggiustamenti - precisa - non una rivoluzione completa. La domanda è quale sanità si vuole dare al Fvg. Una sanità di qualità o si sceglieranno altre modalità? Questo non è ancora ben chiaro. Dobbiamo vedere quali obiettivi di salute la Regione vuole delineare, altrimenti si corre il rischio di fare tanti contenitori senza contenuti». Entriamo nel dettaglio.
Accorpamento delle strutture. «Questa riforma - premette Spangaro - non deve dimenticare quello che finora è stato costruito a livello territoriale e ha funzionato bene. Ben venga che l'Azienda ospedaliero-universitaria prenda una territorialità. L'ospedale cura l'acuzie, ma il malato acuto e la sua famiglia vanno aiutati nel percorso da seguire a partire dall'ospedale». Non è più concepibile, insomma, che un paziente affetto da patologia cronica esca dall'ospedale e si chieda chi lo prenderà in carico. «Questa progettualità manca».
Posti letto. La riforma prevede l'adeguamento agli standard nazionali. «Se il paziente, nel suo ambiente di vita, trova tutte le risorse necessarie, i posti letto, a volte occupati in modo inappropriato, si possono tagliare, riducendo le spese». Tutto ruota attorno al concetto di hub and spoke, «finora inapplicato - ammette - a causa delle tante vicende politiche. Ripeto, l'ospedale cura l'acuto, del resto si deve occupare la gestione territoriale, anche nei casi di terminalità», l'esempio è forte ma rende l'idea: «Ci sono pazienti di 90 anni su cui si fanno tanti accertamenti ma nessun chirurgo li porterà sul tavolo operatorio e ci sono giovani, dall'altra parte, che non si possono permettere di curare la leucemia».
Tagli a Ps, punti nascita, pediatrie e ortopedie. «Non influiscono negativamente. È una questione di casistica.
Se si offre un servizio a pochi utenti in una regione dove le distanze sono minime, è dispersivo avere tante strutture che offrono la stessa cosa e dove ci sono meno casi si fa meno pratica».
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