«L'Austria alza la voce? Ha più profughi di noi»

Martedì 27 Gennaio 2015
TRIESTE - «L'unica soluzione per affrontare questo nuovo tipo di emergenza profughi è dotarsi di due o tre centri di "raccolta immediata" come Gradisca ma non soltanto Gradisca, dove ospitarli per pochissimi giorni. Poi entrano in gioco le strutture diffuse sul territorio. E io aggiungo su tutto il territorio. Contando sulla circostanza che il Governo non si limiti a non mandarci persone giunte in Italia via mare, ma si faccia carico di alcuni degli arrivi in Friuli Venezia Giulia per via terrestre almeno nei momenti di maggiore criticità».
Parola di Gianni Torrenti, che ha la delega all'immigrazione e sta tentando una difficile quadratura del cerchio.
Assessore Torrenti, lei parla di distribuzione diffusa. Ma occorre scendere nel dettaglio.
«Gradisca va bene ma non basta. Penso al Palmarino e a Pordenone, ad esempio, che deve farsi maggiore carico del problema in base a un principio di equità e di solidarietà fra Comuni. Ad Aviano c'è un albergo chiuso, il Doimo, e a Pordenone occorre fare uno sforzo. Udine e la sua provincia, da sole, hanno in questo momento 500 profughi su 1700 totali, Pordenone ne ha 170».
Il caso della caserma Lamarmora di Tarvisio sta suscitando controversie non soltanto al di qua del confine.
«Ricordiamoci che in Carinzia sono in piena campagna elettorale, ma anche che questo Land austriaco ha molti più profughi da gestire rispetto a noi».
Quindi niente guardie al confine? Però ammetterà che un centro-profughi a Tarvisio non è il massimo in fatto di promozione turistica.
«Certo che no. Il Comune deve puntare sulla disponibilità di 30-40 posti e metterli sul piatto, garantendosi così che oltre quella cifra non si andrà in ogni caso. L'opzione della Lamarmora era stata prefigurata per "Mare Nostrum", quindi in un contesto del tutto diverso».
Anche 30-40 potrebbero provocare un impatto sociale, dicono nella valle.
«E io vi porto l'esempio di Resiutta, un paese di 300 residenti dove nessuno si è accorto che da tempo vengono ospitati 30 richiedenti asilo, uno ogni 10 abitanti. Il problema diventa tale se i numeri sono eccessivi».
Senta, assessore, come mai la Regione si accorge soltanto adesso che c'è un'emergenza "terrestre" legata ai profughi?
«La verità è che arrivano sia dall'Austria che dalla Slovenia da tempo, ma a dicembre si è manifestato per la prima volta un fenomeno assai più significativo. Vengono tanti, ma alla spicciolata».
Ce li mandano?
«No, questo è il punto: a mandarceli è il Protocollo di Dublino, una norma scritta male e controproducente»,.
Ossia?
«Se un richiedente asilo si vede negare lo status di profugo in un Paese europeo, ha diritto di chiederlo in un altro Paese a condizione di esserci passato».
Quindi chi c'è arrivato una volta per mare o per terra può tornarci.
«È previsto dalla legge. Non solo: se l'Italia gli nega lo status, può anche fare ricorso. Fra una pratica e l'altra, male che vada può restare qui un annetto».
E come finisce solitamente?
«La gran parte dei richiedenti asilo africani si vede respingere la domanda, mentre per gli afgani, il cui Paese è in guerra, il discorso è diverso: quasi tutti vengono accettati».
Non se ne viene fuori.
«C'è un solo modo è non è la chiusura dei confini, che l'Europa ha respinto anche come strumento di tutela dal pericoloso terroristico. Occorre mettere in campo l'accoglienza diffusa, che non genera impatto sulla nostra comunità».
E la sindrome "non nel mio giardino"?
«Non porta da nessuna parte, non affronta il problema. Noi dobbiamo risolverlo, non fingere che non esista».
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