Profughi e contagi l'ospedale si attrezza

Lunedì 22 Settembre 2014
TREVISO - Non ci sono solo le difficoltà nel trovare loro un tetto. Oltre alle polemiche tra sindaci, Prefettura e Caritas, l'arrivo dei profughi nella Marca porta con sè anche rischi di contagio che non possono essere presi alla leggera. «Arrivano da diversi luoghi e potrebbero veicolare vari tipi di virus -fa il punto il primario del reparto di malattie infettive del Ca' Foncello, Pier Giorgio Scotton- Nel Medio Oriente, ad esempio, c'è una recrudescenza della poliomelite. Ma anche la tubercolosi o la scabbia. Inoltre, alcuni virus potrebbero non essere semplici da riconoscere». E adesso non si può escludere l'Ebola. Tanto che il Ca' Foncello ha oliato la macchina per affrontare eventuali emergenze. Che prevede anche due stanze di isolamento già attivate. «Attualmente la maggior parte dei profughi arriva dal Medio Oriente e dall'Africa dell'est -precisa Scotton misurando le parole- Ma, se dovessero iniziare a giungere anche dai Paesi dell'Africa occidentale, non si può escludere l'arrivo di persone contagiate da Ebola». Il tempo di incubazione di circa tre settimane potrebbe consentire spostamenti piuttosto lunghi.
Prima dell'avvio a inizio settembre del protocollo regionale dedicato all'emergenza Ebola, che impone di segnalare tutto all'istituto nazionale per le malattie infettive Spellanzani di Roma, l'azienda sanitaria aveva contato diversi casi sospetti. Persone con febbre che hanno soggiornato nella zona interessati dall'epidemia. Nelle ultime tre settimane, invece, nemmeno uno. «Tutti i sospetti precedenti -rivelano dall'Usl 9- si sono poi rivelati casi di malaria». Il Ca' Foncello, comunque, è attrezzato e pronto per affrontare eventuali contagi. «Abbiamo due stanze di isolamento a pressione negativa dove tenere i pazienti in osservazione -conclude Scotton- e abbiamo già avuto un incontro con tutti i medici delle tre Usl della provincia e sappiamo come intervenire». Dovesse esserci un caso di positività, il paziente verrebbe subito trasferito nei centri Spellanzani di Roma o Sacco di Milano. La speranza, ovviamente, è che non sia mai necessario.
Mauro Favaro

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