Senato, il M5S spariglia: buona la proposta di Chiti

Mercoledì 23 Aprile 2014
Senato, il M5S spariglia: buona la proposta di Chiti
«Sulle riforme costituzionali il Movimento 5 Stelle giudica il ddl Chiti una buona proposta. Con una serie di miglioramenti in tema di democrazia diretta e partecipata siamo pronti a sostenerlo»: nella giornata di avvio della discussione sulle riforme costituzionali, nella commissione di Palazzo Madama, i grillini provano a sparigliare le carte, lasciando intravedere la possibilità di una maggioranza alternativa a sostegno della proposta del pd Chiti, che di fatto salva l'elezione diretta dei senatori. Ma l'apertura del M5S, avanzata dal capogruppo Maurizio Buccarella, sembra fatta apposta per essere respinta al mittente.
I miglioramenti chiesti dai pentastellati, riguardano l'introduzione di referendum propositivi senza quorum e, soprattutto, l'istituto del «recall», cioè «la possibilità da parte di tutti gli elettori di un dato collegio, di sostituire un parlamentare in corso di legislatura»: ovvero l'introduzione di un vincolo di mandato sin qui escluso dalla Costituzione italiana, al pari delle altre democrazie rappresentative. Un'opzione che, dunque, difficilmente favorirà alleanze trasversali a sostegno di un testo base diverso da quello del governo. Testo che i relatori, la presidente pd della commissione Affari costituzionali Anna Finocchiaro e il leghista Roberto Calderoli dovranno presentare la prossima settimana. Non a caso, ieri, lo stesso Chiti ha preferito glissare, sul corteggiamento dei 5 Stelle: «Il mio ddl è un contributo al lavoro di stesura del testo base che mi auguro ne recepisca le parti maggiormente significative. Così non fosse, presenterò appositi emendamenti in proposito. Sugli emendamenti degli altri, 5 Stelle compresi, preferisco non esprimermi. Ognuno fa le sue proposte in commissione, ed è lì che poi si decide».
Il «no, grazie» è chiarissimo, e non è rivolto soltanto ai grillini, ma anche alla ministra delle Riforme Maria Elena Boschi che aveva chiesto a Chiti di ritirare il suo ddl, ricordandogli che pure sotto il governo Prodi, l'adozione di una camera bassa sul modello tedesco non si era trasformata in questione di coscienza: «E' evidente a tutti che la riforma del Senato proposta dal governo non ha niente a che vedere con il Bundesrat», è stata la risposta del senatore, ieri. Oggetto del contendere, prima ancora dell'elettività o meno del Senato, è quindi il testo base su cui avviare una trattativa. La senatrice renziana Isabella De Monte, in commissione, ha già affermato la disponibilità della maggioranza piddina a possibili modifiche, annunciando due emendamenti: per eliminare i 21 senatori eletti dal Quirinale e per innalzare il quorum necessario all'elezione del presidente della Repubblica e alla messa in stato d'accusa. Non abbastanza, però, per convincere la pattuglia di dissidenti democrat che ha sottoscritto il ddl Chiti: «E' chiaro che il M5S vuole uscire dall'angolo, provando a creare un problema al Pd. Ma se le riforme si fanno con le opposizioni, invito a considerare che M5S e Forza Italia si dicono favorevoli a molte delle proposte di Renzi. La riforma è a portata di mano, perché perdere quest'occasione insistendo sul testo del governo?», ha commentato Corradino Mineo.
In effetti, ieri, il capogruppo di Forza Italia in commissione, Donato Bruno, suggeriva «una nuova riflessione di Berlusconi e Renzi, sull'elettività del Senato», consapevole che più della metà dei senatori berlusconiani ha firmato il ddl del forzista Augusto Minzolini, tanto che stasera il gruppo si riunirà per decidere la strategia sulle riforme costituzionali. Nuovo centrodestra, invece, attende il punto di caduta: «La riforma va portata avanti comunque e la prima lettura non è la sede per bloccarla», ha spiegato l'alfaniano Andrea Augello, suggerendo «pazienza per migliorare il testo con il consenso di tutti». La stessa pazienza che chiede la presidente Finocchiaro: «Stressare i nostri lavori, non mi sembra un esercizio utile».
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